nostro inviato a Bologna
È un affondo durissimo contro la magistratura quello che Silvio Berlusconi detta da Bologna, parlando da un palco improvvisato in piazza Galvani. Un j’accuse vibrante indirizzato contro quell’alleanza e quell’intreccio politico-giudiziario che avrebbe cercato di bloccare la sua offensiva per far cadere il governo Prodi in occasione del recente voto sulla Finanziaria.
Il leader di Forza Italia usa toni forti, dice subito a chiare lettere che l’Italia è oggi una «democrazia malata, ferita, condizionata» e aggiunge che il nostro Paese vive una situazione di «libertà che non c’è più».
Poi, subito dopo, passa a ricostruire le varie fasi del corteggiamento indirizzato nelle scorse settimane verso alcuni senatori della maggioranza. «Ho invitato a cena alcuni di loro e ho utilizzato un metodo maieutico-socratico usando parole di estrema correttezza, facendo quello che ogni politico deve sempre cercare di fare, ovvero convincere gli altri. Ho chiesto loro se erano soddisfatti di quanto il governo stava facendo e della legge finanziaria. Le risposte sono state dei sonanti no. A quel punto li ho richiamati alla coerenza dei comportamenti chiedendogli di non votare la fiducia al governo».
Il presidente di Forza Italia introduce a questo punto l’elemento del sospetto e rivela tutta la sequenza di pressioni e intimidazioni che si sarebbero abbattute su questi parlamentari. «Una decina di senatori, soprattutto della Margherita, avevano deciso di costituire un gruppo autonomo, in modo da poter agire con le mani libere dal vincolo di gruppo. Praticamente volevano votare liberamente dando il loro no alla Finanziaria. Invece qualcuno di questi senatori è stato pedinato, filmato mentre veniva a casa del capo dell’opposizione. Alcuni di questi senatori sono stati interrogati perfino per otto ore, qualcuno è stato comprato attraverso lo shopping che il governo ha fatto con i nostri soldi durante il percorso della Finanziaria».
Esaurita la premessa, Berlusconi passa a lanciare un nuovo allarme per la situazione italiana. «In Italia ci sono più intercettazioni che in tutto il resto d’Europa. E questo ci costa 550 miliardi di vecchie lire. Mi domando se questo non è davvero un Paese malato, con una democrazia condizionata e derisa. Io dico a tutti voi che dobbiamo fare una rivoluzione pacifica per cambiare questa situazione perché anche voi mentre siete al telefono potreste essere spiati. Una delle prime cose che faremo quando torneremo al governo sarà garantire a tutti i cittadini il diritto alla privacy, il diritto di vivere liberi i loro affetti e la loro intimità».
La rabbia per lo schiaffo subito con l’indagine napoletana è evidentemente fortissima. Ma c’è anche l’attualità dei rapporti con gli alleati con cui fare i conti. E così, pur con qualche stoccata, l’ex premier torna a spalancare la porta al dialogo. «Per loro le braccia sono sempre aperte. Io fin dal novembre del 2005 avevo chiesto loro di unirsi in un unico soggetto, in un solo partito. Ora è venuto il momento. Gli dico: venite con noi. Qualcuno sostiene che io avrei detto “bussate e vi sarà aperto”, ma io non l’ho mai detto. Abbiamo detto: venite a costruire con noi un partito sullo stesso nostro piano, senza privilegi per nessuno.
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