Politica

Berlusconi e Mubarak: sforzo unico per ridare la pace al Medioriente

nostro inviato a Sharm El Sheikh

È passata da poco la mezzanotte quando Silvio Berlusconi sbuca a sorpresa per le vie dell'immenso Domina Coral Bay di Sharm El Sheikh. Il premier è su una delle centinaia di macchinette elettriche utilizzate all'interno dell'enorme resort, che se non fosse per il nugolo di giornalisti che partono all'inseguimento potrebbe quasi passare per un normale turista.
E proprio allo stesso modo, Berlusconi si concede una mezz'ora alla scoperta dell'enorme struttura turistica che lo ospita per la notte in vista del summit con il premier egiziano Hosni Mubarak che si terrà oggi. Una sorta di visita guidata, con salto al casinò e capatina in discoteca. Non per ballare, certo, ma per concedersi alle strette di mano ai flash di decine di giovani ragazzi e ragazze, tanto incuriositi quanto stupiti. E per fino un gruppetto di russi non si tira indietro e porta a casa uno scatto con il Cavaliere. Il tour continua fuori dalla discoteca, con passeggiata tra i vicoli del resort e uno sguardo ai molti negozietti dove acquista dei pesciolini di ceramica. Dopo una ventina di minuti, la voce che Berlusconi è in giro per il Domina inizia a rimbalzare e la folla di curiosi cresce. Con tanto di signora italiana che urla a squarciagola di adorarlo, per nulla rintuzzata dal marito. «Silvio, la mia signora è innamorata di te», chiosa con un sorriso. Poi, accompagnato dal proprietario del resort, l'imprenditore Preatoni, il Cavaliere fa ritorno alla sua stanza. E solo allora si ferma qualche minuto con i giornalisti. Parla di immigrazione, ma anche del summit di oggi tra Italia e Egitto. Sul tavolo, infatti, ci sono 22 intese bilaterali («Abbiamo un accordo fantastico con Eni di quattro miliardi di euro più quattro miliardi, che è fondamentale per noi», spiega il premier) e l'obiettivo di rilanciare una partnership strategica sul dossier mediorientale.
Ed è soprattutto questo il nodo cruciale del vertice su cui si sta concentrando da tempo la diplomazia italiana: la ricostruzione del dialogo in Medio Oriente, con l'obiettivo di arrivare in tempi brevi, possibilmente già entro la fine dell'anno, a una pace duratura tra Israele e Palestina. La prospettiva della creazione di uno stato palestinese e quindi la strada dei «due Stati e due popoli», spiega il premier, «la auspichiamo tutti» anche se la situazione «è molto difficile». Sul punto Palazzo Chigi è impegnata da mesi, tanto che il Cavaliere ha incontrato nei giorni scorsi l'ambasciatore israeliano in Italia Gideon Meir, e il ministro degli Esteri Avigdor Lieberman («che mi è sembrato molto ben disposto»). Tuttavia, osserva il premier, «c'è bisogno dall'altra parte di qualcuno che sia in grado di sottoscrivere gli accordi».
Ed è proprio questo il senso dell'asse diplomatico che si è instaurato tra Roma e il Cairo. Perché, fanno notare ambienti diplomatici, Italia ed Egitto condividono «la stessa visione» degli scenari mediorientali. «Le crisi in queste aree - spiega il ministro degli Esteri Franco Frattini - presentano la caratteristica di essere tutte fra loro indissolubilmente legate e sia Italia che Egitto ne sono consapevoli». Ma sono anche convinti che non si possa prescindere dalla creazione di uno stato palestinese. Una prospettiva ritenuta indispensabile e condivisa con l'Ue e con l'amministrazione americana di Barack Obama, come ha ribadito ieri Mubarak al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu.
E pur avendo Israele evitato con cura di parlare di Stato palestinese, è proprio in questa direzione che per il governo Berlusconi si aprono spazi di mediazione preziosi, al punto che l'Italia si sta lentamente ritagliando un ruolo centrale nel tentativo di avviare il processo di pace. Non è un caso che recentemente sia stato proprio il nostro Paese il primo a ricevere il nuovo ministro degli Esteri israeliano Lieberman, al quale Frattini ha ribadito che Roma è a fianco di Ue e Usa nel considerare la prospettiva di «due popoli due stati» come l'unica soluzione possibile. Ma Berlusconi - che sul piatto potrà far valere anche la presidenza del G8 - è convinto che per tentare seriamente una mediazione l'Italia debba avere un dialogo serio e strutturato con i Paesi arabi moderati, primo fra tutti l'Egitto. Non solo per gli ottimi rapporti interpersonali che corrono tra il Cavaliere e Mubarak - che nel luglio scorso fu ospite di Berlusconi in sardegna e che il premier ha invitato alla seconda giornata del G8 di L'Aquila - ma anche perché il Cairo è ormai diventato il punto di riferimento diplomatico irrinunciabile nel frammentato dialogo mediorientale tanto da essere in grado di gestire rapporti informali tra Israele e Hamas e tra questi ultimi e l'Anp.

Di fatto le controparti auspicate dal Cavaliere.

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