Tra Berlusconi e il Quirinale è iniziato il gioco di sponda

Il Cavaliere: bisogna fare il possibile per unire. Ma pensa anche a stoppare Fini. Poi mette in chiaro: "Con Tremonti c’è leale collaborazione e un’antica amicizia"

Roma - «Ce l’ha chiesto Napolitano, per questo stiamo modificando il ddl sulle intercettazioni». I primi segnali del nuovo corso sono di qualche settimana fa, con Berlusconi che incontrando un parlamentare del Pdl che solitamente dichiara a destra e a manca e sempre con la clava si prende la briga di spiegargli che con il Colle non avrebbe gradito polemiche. E non perché il malcapitato fosse già incappato in un qualche scivolone, giusto per precauzione. Perché dopo lo scontro all’arma bianca sul decreto salva-liste la diplomazia di Gianni Letta stava finalmente iniziando a ottenere i primi risultati. Ben oltre le aspettative, se mercoledì scorso il Cavaliere non ha fatto una piega quando sul tavolo del vertice del Pdl è rimbalzato l’appello del capo dello Stato che sul ddl intercettazioni auspicava «soluzioni più accettabili per tutti». Era quello l’argomento clou del gabinetto di guerra convocato a Palazzo Grazioli e in altri tempi il premier l’avrebbe presa se non come un tentativo di dare una sponda a Fini quantomeno come un’intrusione. Niente, pur avendo appena sciorinato la consueta strapazzata al presidente della Camera, cosa che solitamente non contribuisce al suo buon umore. Berlusconi, invece, non batte ciglio e dispiega i caschi blu: terremo conto degli auspici di Napolitano.

D’altra parte, non è una novità, i due nell’ultimo mese hanno preso a sentirsi la mattina di buon ora con una certa frequenza - il capo dello Stato a un capo del telefono, il premier e Letta dall’altro - e i segnali arrivati dal Quirinale sono stati ripetuti. L’ultimo, molto gradito a Palazzo Grazioli pur se passato inosservato, quello sulle stragi di mafia del 1993 («sono cose di 17 anni fa... Se Ciampi ha percepito un allarme nel ’93, be’, ora siamo nel 2010», ha detto Napolitano). Dal gelo di qualche mese fa, dunque, s’è passati prima a una tregua e ora addirittura si tenta il gioco di sponda. Perché, ha spiegato nei giorni scorsi in privato il premier, vista la situazione economica bisogna fare il possibile per unire e non dividere. E perché il muro contro muro porta a perdere consensi e allontana gli obiettivi.

E poi, è la convinzione di Berlusconi, per quel che riguarda l’attività del governo è il presidente del Consiglio che deve relazionarsi con il Quirinale. Non certo - questo è il non detto - il presidente della Camera. Così, ci sta che sul ddl intercettazioni la maggioranza insista nel ripetere che le modifiche sono per venire incontro alle richieste del Colle, non certo a quelle di Fini. Che in parte è vero e in parte è un modo per dare spago all’ex leader di An. Sul quale Berlusconi ha messo ormai una pietra tombale. Dopo tutto quello che è successo, insisteva mercoledì durante il vertice, è un capitolo chiuso. E ancora: sa solo sabotare e remare contro. E tanto non si fida il Cavaliere che a Palazzo Grazioli s’è fatta la conta dei finiani, spuntati uno per uno: 22 o 23 alla Camera, 11 al Senato. Colomba sì, ma fino a un certo punto.

Anche se forse ieri il premier s’è fatto un po’ prendere da un eccesso di filantropia affidando alle agenzie una difesa a spada tratta di Tremonti. Una ventina di righe di comunicato per ricordare come premier e ministro dell’Economia siano legati «da una leale e antica amicizia personale» e che «continueranno a lavorare insieme» nell’interesse del governo. Vero, come è vero, che in queste ultime settimane le frizioni tra i due hanno più volte strabordato. Ma la difesa d’ufficio è stata chiesta espressamente da Tremonti che nel pomeriggio ha alzato il telefono per dire al Cavaliere che delle ricostruzioni dei giornali proprio non ne può più. In particolare di quelle dei quotidiani «vicini al centrodestra». Berlusconi ha fatto esercizio di pazienza e s’è limitato a dire che la manovra andrà comunque spiegata meglio ai cittadini. Per questo si presenterà lui al Senato a illustrare le misure anticrisi e per questo i Promotori della Brambilla stanno organizzando volantinaggi e gazebi.

Non una parola, invece, su Ballarò.

D’altra parte il premier era già stato piuttosto chiaro nel faccia a faccia di mercoledì quando gli aveva detto chiaro e tondo che il suo silenzio di fronte all’accusa di essere un sobillatore dell’evasione fiscale proprio non gli era andato giù. Inutile riaccendere la polemica. Anche perché in serata Tremonti era atteso ad Annozero e «staremo a vedere come finirà».

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