Berlusconi: «Ecco i sondaggi, siamo in parità»

«La replica di Ciampi all’idea di mandato bis? Bene, bene»

Gianni Pennacchi

da Roma

«Io non parlo, se non ho una pezza d’appoggio sicura», esclama Silvio Berlusconi lasciandosi circondare dai giornalisti sull’ingresso dell’aula di Montecitorio, dove si sta votando la fiducia sul decreto fiscale. È sicuro e un po’ piccato il premier, ce l’ha con la Quercia che mette in dubbio i numeri dei suoi sondaggisti. Così, tira fuori alcuni fogli e li sbandiera davanti agli occhi dei cronisti. Trattasi di un sondaggio di Euromedia Research, e Berlusconi spiega: «Ecco qui: la Casa delle libertà è al 48,6% con tutti quei partiti che naturalmente pensiamo vengano con noi, tra cui Alleanza sociale della Mussolini, la nuova Democrazia cristiana, la Giovane Italia... l’Unione invece è al 48,7%... Io ho detto 48 pari, ma voi sapete che statisticamente un punto, qui poi siamo allo 0,1%, è una differenza che non esiste, praticamente in parità come avevo detto». Così sicuro, da non attendere nemmeno l’inevitabile domanda e anticipare il colpo: «Ho sentito il capogruppo Ds al Senato che mi chiedeva di pubblicare sul sito del governo il sondaggio che avevo citato giorni fa: cercheremo di farlo, ma intanto mostro a voi i dati».
Sul sito di Palazzo Chigi, in verità quel sondaggio non è ancora comparso: pare che la legge non lo consenta, votandosi domenica a Messina. Ma per Berlusconi è ugualmente tonificante, «sarà una corsa all’ultimo voto, e in questa competizione non ne dobbiamo perdere neanche uno», aveva già detto la sera prima ai suoi. I contatti sono già a buon punto, non solo la Mussolini è disponibile ma pure Pino Rauti; e la Dc di Gianfranco Rotondi sta offrendo alleanza ai socialisti di Gianni De Michelis, ai liberali, ai repubblicani. Dunque ieri il premier s’è offerto alla Camera con piglio decisionista e soddisfatto. Richiesto di un giudizio sull’ultima esternazione del presidente Ciampi, che dopo la proposta di un secondo mandato avanzata da Gianfranco Fini ha risposto che ambisce soltanto a «concludere con dignità», il premier ha commentato «bene, bene». Forse quel messaggio era rivolto a lui, più che a Fini? «No, non era rivolto a me. Io non ho mai detto nulla».
Quel che più gli premeva ieri evidentemente, era ribadire lo stato di sostanziale parità tra i due schieramenti, dunque la possibilità di una nuova vittoria a primavera. E per concretizzare l’obiettivo, è poi salito a colloquio da Pier Ferdinando Casini.
Un incontro di 35 minuti, quello tra il premier e il presidente della Camera. Del sondaggio, Berlusconi non ha nemmeno accennato ben sapendo che Casini non li ama e non ci crede, ma gli ha espresso il timore che una campagna elettorale troppo concorrenziale - Fini è già partito da un pezzo in solitaria, e anche Casini è ormai pronto a scendere in pista - possa danneggiare la Cdl nel suo complesso. L’altro lo ha tranquillizzato, «nessuno di noi prova anche minimamente a metterti in discussione», gli ha risposto, «si tratta semplicemente di marciare separati per colpire uniti». A lungo, i due hanno discusso di come dare spazio nell’alleanza ai piccoli partiti di centro, la Dc di Gianfranco Rotondi e le liste siciliane di Raffaele Lombardo in particolare: convenendo che occorre far di tutto perché ci siano, se poi aggregati all’Udc, o a Forza Italia o con gli altri partitini di centro laico, è del tutto secondario.


Berlusconi ha accennato ancora alla par condicio, e Casini gli ha risposto: «Silvio, non abbiamo ancora portato a casa la legge elettorale!». E per quest’ultima, è stata ribadita la linea: se il Quirinale dovesse davvero rinviarla alle Camere come premono da sinistra, sarà riapprovata così com’è a tambur battente.

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