da New York
Il governo Berlusconi «ha fatto e sta facendo tutto ciò che è in suo potere per far ripartire l'economia italiana». Ma il problema è che facendo parte di Eurolandia, l'Italia è come «colui che cerca disperatamente di fare qualcosa con una mano legata dietro alla schiena», ovvero non può intervenire laddove davvero servirebbe, vale a dire sul fronte dei tassi d'interesse e dell'euro. Ne è convinto l'economista americano Allen Sinai, presidente del prestigioso Decision Economics, che in un'intervista all'Adnkronos ha sottolineato come «le cause dell'attuale crisi economica in Italia siano soprattutto esterne».
«Alla base della recessione italiana - spiega l'economista statunitense che è stato consulente delle amministrazioni Reagan, Clinton e Bush - c'è in primo luogo la debolezza di Eurolandia e in particolare di Francia e Germania». «Molti prodotti da esportazione italiani, come quelli del tessile e del vestiario - continua l'esperto - non possono inoltre essere più competitivi in un'economia globale dove l'export cinese, con i suoi prezzi estremamente più bassi grazie a costi minimi, è destinato a vincere». «L'Italia ha dunque perso competitività in settori chiave - prosegue Sinai - e questa situazione si aggrava a causa dell'euro forte: il Supereuro intacca l'abilità del vostro Paese di competere. Ma l'Italia su questo non può far molto facendo parte della zona euro. Non può intervenire sui mercati valutari come non può tagliare i tassi d'interesse, attualmente non sufficientemente bassi per spronare la congiuntura italiana». La gran parte delle azioni che bisognerebbe intraprendere con urgenza per far ripartire davvero l'economia, sottolinea quindi Sinai, «è purtroppo al di là del controllo dell'Italia».
Ma se i problemi dell'economia italiana arrivano soprattutto dall'esterno, perché il nostro Paese è in una situazione peggiore rispetto agli altri membri di Eurolandia, tutti alle prese con gli stessi tassi d'interesse e la stessa moneta? Secondo l'economista questo si spiega in larga parte con il fatto che «sul fronte delle esportazioni e del commercio l'Italia è più vulnerabile di Francia e Germania: l'export italiano è intaccato dalla debolezza dell'economia tedesca e dalla lenta congiuntura francese e poi molti dei prodotti da esportazione italiani operano in mercati che diventano di giorno in giorno più competitivi, come quelli scarpe e del tessile». Finché la Cina non permetterà alla sua moneta di fluttuare liberamente o almeno di apprezzarsi, sottolinea Sinai, «sarà davvero difficile competere, al di là degli sforzi che le aziende italiane potrebbero fare». Altro settore molto importante per l'Italia è il turismo e anche su questo fronte, nota Sinai, siamo fortemente penalizzati dall'euro.
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