Bruxelles - Meglio così. Meglio tenere il punto e non aprire bocca. Perché è in situazioni come queste che il Cavaliere rischia di aprire il vaso di Pandora. D’altra parte, che Berlusconi sia uno piuttosto diretto e poco avvezzo alla perifrasi non è un segreto e per molti versi è uno dei suoi punti di forza. Insomma, avesse detto davvero quel che pensa si sarebbe rischiato l’ennesimo caso. Invece niente, nonostante il buon risultato portato a casa dall’Italia al Consiglio europeo, visto che è stata accolta la nostra proposta di considerare tra i criteri comunitari la sostenibilità complessiva del debito di ciascun Paese. Il premier però preferisce mandare avanti Bonaiuti e sul punto neanche una parola. Anzi, silenzio su tutto.
Perché l’insofferenza degli ultimi giorni non accenna a sopirsi. Anzi, aumenta di ora in ora con buona pace di un umore sempre più nero. La convinzione, infatti, è che ormai Fini abbia deciso di fare «il guastatore di professione». E - ragiona in privato il Cavaliere - non darà più tregua al governo finché non sarà riuscito a far saltare il banco. Il problema è che a breve soluzioni non ce ne sono, perché anche l’ipotesi elezioni anticipate deve essere messa nel cassetto almeno fino alla fine anno visto che è impensabile lasciare il Paese senza guida mentre la manovra economica viene discussa in Parlamento. Così, Berlusconi ha deciso di vedere «fino a che punto ha il coraggio di arrivare» l’ex leader di An. Che, spiega nelle sue conversazioni private, sulle intercettazioni si è messo a disposizione di opposizione e procure pur di boicottare.
Arrivando a fare «un vero e proprio danno all’Italia», visto che il muro contro muro sulle intercettazioni ha oltrepassato i nostri confini. Insomma, «che io debba prendere patenti di democrazia da lui è veramente paradossale». Ecco, avesse parlato magari qualcosina non se la sarebbe riuscita a tenere ed apriti cielo. Invece silenzio assoluto anche davanti alle insistenze di una cronista della Rai. «Non parlo, tanto voi vi inventate tutto», le uniche parole che pronuncia passeggiando tra i negozi d’antiquariato di rue de Blaes. Meglio mordersi la lingua. Anche quando gli mettono sotto il naso le dichiarazioni di Montezemolo («io non mi sento spiato») o le agenzie che raccontano del braccio di ferro in commissione Giustizia tra la presidente Bongiorno («il ddl intercettazioni va cambiato») e il pdl Costa («parla a titolo personale»). Tutto come da copione, avrà pensato Berlusconi. Che non a caso si era limitato a uno scettico «vedetevela voi» quando qualche giorno fa i pontieri gli avevano prospettato un tentativo di armistizio con Fini.
All’umore non deve aver troppo contribuito neanche la giornata in prima linea di Bossi, soprattutto dopo che pare arrivato il via libera per la promozione di Brancher a ministro (dovrebbe essere un dicastero senza portafoglio). Il Senatùr, infatti, incontra prima il presidente della Camera e poi Tremonti, vestendo di fatto i panni del mediatore. Non che Berlusconi abbia il minimo dubbio sulla fedeltà dell’alleato, ma certo la sua apertura a modifiche del ddl e l’invito a dialogare con il Colle non fanno che dare l’impressione di un Cavaliere sempre più isolato. In verità, Bossi ha i suoi problemi, soprattutto sulla manovra. Gli amministratori locali della Lega, infatti, sono furibondi per i tagli e il Senatùr non sa che pesci prendere visto che le misure anti crisi hanno due padrini padani d’eccezione: Tremonti in primo luogo, Calderoli in secondo. Un problema che peraltro fu sollevato la prima volta da un berlusconiano doc come Napoli che lo disse chiaro al Cavaliere durante la riunione dei gruppi parlamentari del Pdl.
E l’uscita di Bossi lascia perplesso pure Napolitano.
Perché l’invito a «parlare con il capo dello Stato» è considerato al Quirinale «irricevibile». Non si fanno trattative preventive - fanno sapere dal Colle - ma si deciderà quando ci sarà un testo definitivo. Giusto per evitare un secondo Lodo Alfano.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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