nostro inviato a Torino
A tarda sera Silvio Berlusconi tira le somme dell'ennesima giornata campale, tra un incontro con il Partito dei pensionati a Milano, un forum nella sede del Corriere della Sera in via Solferino e un comizio al Teatro Nuovo di Torino. Un bilancio tutto sommato positivo, nonostante lo scontro con Walter Veltroni si vada sempre più acuendo, tanto da iniziare a ricordare le ultime battute della scorsa campagna elettorale. Da una parte e dall'altra, se in mattinata il leader del Pd accusava il Cavaliere di «stanca disperazione» per poi rincarare la dose per tutta la giornata. Così, quando sulla via dell'aeroporto di Caselle gli dicono degli ultimi attacchi di Veltroni, Berlusconi non si scompone più di tanto: «Forse è meglio così... Ci abbiamo provato a tenere i toni bassi, ma non è servito. Forse è meglio che vada avanti ad attaccarmi, almeno si svela agli italiani per quello che realmente è...».
E che l'ex premier non abbia gradito la sortita mattutina sulla sua «stanca disperazione» lo si capisce quando lascia l'albergo Principe di Piemonte diretto al Teatro Nuovo. L'umore è ottimo, perché durante un incontro privato organizzato da Guido Crosetto con i giovani rappresentanti dell'industria piemontese, Paolo Bonaiuti ha appena comunicato la vittoria di Milano nella corsa all'Expo 2015, notizia accolta dall'applauso di tutti i presenti con tanto di telefonata di congratulazioni a Letizia Moratti. «Speriamo - dice Berlusconi rivolto ai giovani industriali - che aiuti l'Italia a rialzarsi. Anche se siete soprattutto voi giovani che dovete dare una mano al Paese in un momento tanto difficile». Entusiasmo stoppato per qualche secondo quando alluscita un cronista gli chiede conto delle parole di Veltroni. «Si commentano da sole», chiosa serio il Cavaliere prima dei soliti saluti alla folla di sostenitori riunita sotto l'albergo.
Sul punto, però, torna più d'una volta durante il comizio, giocando molto sul fatto d'essere «ormai vecchietto», perché «noi anziani ragioniamo ancora in lire» e perché «alla mia età con quella scheda elettorale con trentacinque simboli rischio anche io di sbagliarmi». Una boutade che si conclude con due affondi per Veltroni. Primo: «All'inizio gli sentivo dire cose sensate e ho pensato quasi, quasi lo voto. Poi, nonostante l'età, ragiono anche io...». Secondo: «Veltroni è l'uomo nuovo che mi dava del vecchietto. Quando ho scoperto che a 49 anni era già pensionato e che oltre allo stipendio da sindaco lo Stato gli paga anche la pensione da parlamentare mi sono sentito rifiorire». La sala applaude, in prima fila se la ridono molti dei parlamentari presenti, da Crosetto a Osvaldo Napoli a Benedetto Della Vedova. E l'ex premier rincara la dose: «Veltroni è un funzionario del vecchio Pci. Chi ha sposato la storia criminale del comunismo non può cambiare e difatti non è cambiato. Difatti non è cambiato e si è rivelato un bluff, un illusionista».
Il leit motiv dell'età, però, è rivolto anche a Pier Ferdinando Casini che in un'intervista al Financial Times lo ha accusato di «peggiorare con l'età». D'altra parte, chiosa in serata l'ex premier con un suo collaboratore, «ormai usano gli stessi argomenti...». E diretto all'Udc è l'ennesimo appello al «voto utile», anche se - ammette lo stesso Cavaliere - con «un passo in più». Perché, dice, «si sono chiamati fuori dal centrodestra ma speriamo che i loro elettori siano più consapevoli e decidano di non dare il loro voto al nulla». E ancora: sono partitini che «non hanno ragione di esistere se non per lambizione dei loro leader». Anche se per la prima volta in unintervista a TeleLombardia, in tarda serata, lex premier contempla lipotesi delle larghe intese: «Non escludo nulla sul futuro, per il bene del Paese se ci fosse un pareggio al Senato la soluzione migliore sarebbe un governo di buon senso, non di parte. Nomi? Ne faccio solo due: Massimo Cacciari alla Cultura e Mario Monti allo Sviluppo economico».
Poi, torna a ribadire che «non è più tempo di sogni» perché l'economia mondiale ci condizionerà». Insomma, «la grinta c'è tutta» ma «governare l'Italia oggi più che una scelta coraggiosa è una scelta temeraria».
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