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Berlusconi in Libia da Gheddafi: «Serve rigore sull’immigrazione»

Roma«Se vogliamo davvero procedere a una politica vera di integrazione dobbiamo anche essere rigorosi per non aprire l’Italia a chiunque». Nel giorno della sua visita a Tripoli per il primo anniversario del Trattato di amicizia tra Italia e Libia che un anno fa ha chiuso la lunga querelle coloniale e a poche ore da un nuovo respingimento (un gommone con 75 persone rimandato di prima mattina sulle coste libiche), Silvio Berlusconi torna a chiedere «rigore» sul fronte immigrazione. Gli accordi tra Italia e Libia d’altra parte, oltre a chiudere la questione coloniale prevedono intese stringenti sul fronte della lotta ai clandestini, a partire proprio dai barconi che salpano dalle coste della Libia. Con risultati che, dice Maurizio Gasparri, sono già «sotto gli occhi di tutti». Secondo il capogruppo del Pdl al Senato, infatti, c’è «una diminuzione del 94% degli sbarchi di clandestini» e dunque «c’è più d’un motivo per far volare fumi bianchi, rossi e verdi nel Mediterraneo».
Nel merito della polemica di questi giorni, però, come era prevedibile il premier preferisce non entrare. Pur essendo chiaro che Berlusconi resta convinto della bontà della cosiddetta «diplomazia del commercio». Oltre a risolvere la vertenza politica sul risarcimento che l’Italia doveva a Tripoli per gli anni del colonialismo, infatti, il Cavaliere ha portato a casa l’intesa sul fronte immigrazione e contratti per centinaia di milioni di euro per aziende come Eni, Enel, Finmeccanica, Impregilo e Telecom. Non a caso, posando a Shabit Jfarai la prima pietra dell’autostrada costiera che collegherà Egitto e Tunisia (costerà cinque miliardi di euro), Berlusconi parla sì di «impresa storica» ma definisce anche l’accordo «molto conveniente per entrambi i Paesi» e «positivo in tutte le direzioni». Ecco, proprio in questo senso si inquadra la visita che Muammar Gheddafi e il Cavaliere hanno fatto a Tripoli al nuovo treno Intercity veloce realizzato dalla AnsaldoBreda del gruppo Finmeccanica.
Nel tardo pomeriggio, il passaggio sul lungomare delle Frecce tricolori che - forse in risposta alle polemiche di questi giorni - scelgono una fumata piuttosto neutra e non il consueto bianco, rosso e verde. Finito il Ramadan, Berlusconi e il Colonnello restano a cena insieme con diversi leader africani che oggi parteciperanno al vertice dell’Unione africana nella capitale libica. Nel menù, piatti tipici arabi e musica e costumi tradizionali. Un colloquio, quello tra il Cavaliere e Gheddafi, che fonti di Palazzo Chigi raccontano «molto cordiale». Con il solito scambio di doni, anche se questa volta il Colonnello lascia stare i cammelli - pare non abbia gradito il fatto che i due donati nel marzo scorso sono alla fine rimasti a Tripoli - e si limita a due targhe commemorative del Trattato italo-libico, una su sfondo d’oro e l’altra d’argento. Il premier, invece, porta in dono due candelabri e un’alzata di vetro di Murano.
Nel colloquio Berlusconi e Gheddafi affrontano i temi di politica internazionale, partendo dalle questioni che si sono aperte al G8 dell’Aquila dove i due si erano incontrati l’ultima volta. Il premier si dice preoccupato per la «situazione difficile» in Medio Oriente, mentre commenta positivamente il voto pacifico che si è svolto in Afghanistan nelle scorse settimane. «È stato anche per merito nostro», avrebbe detto il Cavaliere sottolineato il ruolo dei militari italiani a Kabul «le loro grandi doti di addestratori riconosciute da tutte le forze militari sul campo». Sul fronte economico, invece, il premier sottolinea i segnali di ottimismo sulla crisi. Solo qualche scambio di vedute, invece, sulla politica italiana.

Con Berlusconi che dice al leader libico come il suo gradimento sia in salita: «Nei sondaggi sulla popolarità sono al 68,4%».

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