Berlusconi non si arrende: anziché lasciare, raddoppio

Il Cav in un videomessaggio rilancia la sfida: "Non c’è un’alternativa politica al nostro governo ma siamo disponibili a favorire un esecutivo tecnico"

Berlusconi non si arrende:  anziché lasciare, raddoppio

Roma - Berlusconi non molla. Il senso ultimo del videomessaggio, lanciato all’indomani delle dimissioni da premier, è tutto nella promessa che lancia quasi al termine del breve discorso (durato poco più di sette minuti e andato in onda ieri sera su tutti i telegiornali nazionali). «Raddoppierò il mio impegno in Parlamento e nelle istituzioni per rinnovare l’Italia». Questo il passaggio chiave del discorso dove ha ricordato la costanza e la coerenza del suo lavoro politico, iniziato diciassette anni fa. Un messaggio che diventa un appello alla concordia e all’abbassamento dei toni. «Non c’è alternativa alla maggioranza uscita dalle urne ma ora occorre dar vita a un governo di alto profilo tecnico, mettendo alle spalle - spiega Berlusconi - la faziosità e l’aggressività personale: dobbiamo uniti far fronte alla crisi, che non è nata né in Italia, né con le nostre banche o il nostro debito».

Un messaggio che mantiene forte l’impronta politica. «È chiaro a tutti - ha ribadito il Cavaliere - che oggi non esiste un’alternativa politica rispetto al nostro governo che ha servito l’Italia col supporto della maggioranza espressa dal voto degli italiani. Secondo il principio di delega parlamentare, che è il cuore del processo democratico in Italia, siamo pronti a favorire gli sforzi del presidente della Repubblica per dare subito al Paese un governo di elevato profilo tecnico, reso forte da un largo consenso parlamentare». È un Berlusconi che rivendica una storia politica importante, ma si tiene alla larga da polemiche e pressioni sul nascente esecutivo Monti, al quale non pone condizioni né rispetto alla durata né rispetto al programma.

«Mai stato sfiduciato» ribadisce intanto nel videomessaggio. E il suo discorso sembra riprendere le file di quanto dettato nella lettera inviata ieri mattina a Francesco Storace. Il leader della Destra ha letto la missiva alla platea del secondo congresso del partito in corso a Torino. Una lettera dove si stigmatizza il comportamento dei «traditori» e si legge nell’uscita di Fini dal Pdl il «peccato originale» di questa crisi politica. In buona sostanza la fronda di Futuro e libertà ha minato irrimediabilmente il percorso di una legislatura che, nelle intenzioni dei vincitori della gara elettorale del 2008, avrebbe dovuto portare a termine importanti riforme costituzionali. «Una legislatura - recita la lettera inviata a Storace - che si è invece incagliata nelle secche di una politica che non ci appartiene».

Nel videomessaggio, poi, Berlusconi sottolinea il suo ruolo di statista e l’alto profilo del suo comportamento: «Il mio passo indietro è stato dettato esclusivamente da senso di responsabilità e dal rispetto delle istituzioni». «È stato triste - aggiunge il Cavaliere - vedere che un gesto responsabile e, se permettete, generoso come le dimissioni, sia stato accolto con fischi e insulti. Ma per le centinaia di manifestanti che erano in piazza, milioni di italiani sanno che abbiamo fatto in coscienza tutto il possibile per preservare le nostre famiglie e le nostre imprese dalla crisi globale che ha colpito tutti i Paesi avanzati». D’altronde, oltre al «peccato originale» che ha minato il percorso di una legislatura «costituente», è stato proprio la debolezza dell’euro la causa ultima di questa impasse economica. «È la crisi della nostra moneta comune - ribadisce Berlusconi - che non ha il sostegno che ogni moneta dovrebbe avere: quello di una banca prestatore di ultima istanza, garante della moneta, come hanno il dollaro e la sterlina. Questo deve diventare anche la Bce se vogliamo salvare l’euro e con esso l’Europa».

Il messaggio vira inevitabilmente verso l’orgoglio di quanto fatto fino adesso per un bilancio affrettato imposto dalle circostanze. «Non cambio una virgola delle parole pronunciate nel ’94 per la mia discesa in campo» spiega Berlusconi che poi rivendica quanto fatto in questi anni, facendo coincidere il suo quasi ventennato con l’avvio di un’era di «stabilità e alternanza» del quadro politico. Quanto alle invasioni di campo che sembrano averlo infastidito in questi giorni, il premier è netto: «Qualunque sia il nostro governo, nessuno potrà portarci via la nostra sovranità e la nostra autonomia. L’Italia è un grande Paese.

Qui sono nate le università e il moderno sistema bancario».

«A quel credo politico del ’94 - conclude il Cavaliere - non sono mai venuto meno: fu una dichiarazione d’amore per l’Italia. E quell’amore e quella passione sono immutate».

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