Roma - «Scusa per l’intromissione “locale”, ma quando ci vuole, ci vuole...». Stretta di mano, sipario. Silvio Berlusconi si alza dalla sedia, saluta il primo ministro maltese, Lawrence Gonzi, sceso in sala stampa per parlare di immigrazione, e si ritira nel suo appartamento. Ma l’incontro con i giornalisti, a palazzo Chigi, non sarà di certo ricordato per «la grande amicizia e le radici storiche» che legano i due Paesi. A tenere banco, infatti, è di nuovo il tema giustizia.
«Dal 30 giugno al 15 luglio - attacca in terza persona, motivando la bontà dello “scudo” per le quattro principali cariche dello Stato - il presidente del Consiglio, a seguito della persecuzione che subisce da 14 anni, avrebbe dovuto partecipare a udienze un giorno sì e un giorno no», senza quindi poter governare o partecipare al G8. E dinanzi a «una parte della magistratura che si è data il compito di sovvertire il risultato delle elezioni - rimarca - mi sembra che il Lodo Alfano sia il minimo che una democrazia possa apprestare, a difesa della propria libertà».
Berlusconi non chiarisce se lo utilizzerà o no («non lo so», risponde), poi però ricorda: «Ho già detto che non mi sarei avvalso della clausola contenuta nel dl sicurezza, chiamata blocca-processi e salva-premier, che invece è esattamente il contrario». E «quando la finirete di far finta di non capire che c’è stata una persecuzione inaccettabile - rintuzza - sarà sempre troppo tardi».
Una presa di posizione netta, supportata anche dall’assoluzione della Corte di cassazione spagnola per il processo su Telecinco. «Adesso nessuno ne parla», fa notare il Cavaliere, che rincara la dose: «Ci sono stati 10 anni di fango gettato addosso a me e a Fininvest, a livello internazionale, da parte del giudice Garzon, su spinta della Procura milanese, da cui siamo stati tutti assolti con formula piena, perché il fatto non sussiste. Mi domando chi risarcirà l’immagine sporcata in dieci anni sui giornali del mondo e le spese sostenute. La risposta è nessuno. Io spero che qualcuno venga a chiedere scusa, ma so che non sarà così». Il capitolo si chiude qui, nonostante una piccola appendice Telecom. «Chiacchiere da bar, non ne so nulla e non dico nulla», replica a chi lo sprona per un commento sul caso Tavaroli.
Sul fronte immigrazione, invece, il premier ribadisce che si tratta di un «problema rilevante», risolvibile solo con una «politica comune» europea. In merito al contenzioso coloniale con la Libia, spiega inoltre che si sta lavorando «con la forte volontà di stipulare un patto di amicizia entro il 31 agosto». Un’intesa che, secondo il figlio del colonnello Muammar Gheddafi, sarebbe «miliardaria».
Spostando poi l’attenzione sul versante mediorientale, il premier ribadisce il suo ottimismo. «Non siamo mai stati così vicini a un accordo» fra israeliani e palestinesi, osserva, e ora serve la loro «buona volontà». Sulla proposta invece di Gerusalemme capitale d’Israele, lanciata da Barack Obama, non si sbilancia. «La situazione è delicata - puntualizza - e lascerei la decisione alle due parti in causa».
Dal Medioriente all’Irak il passo è breve. E Berlusconi, che in serata riceve pure il primo ministro Nuri al Maliki, annuncia l’invio di altri istruttori italiani. «L’Italia è capofila della missione Nato per l’addestramento militare», ricorda il premier.
Pronto a elogiare l’azione del governo locale («la violenza ora è dieci volte inferiore rispetto agli anni precedenti») e a spiegare che «al Maliki ci ha chiesto di incrementare il numero dei carabinieri, noi abbiamo aderito». Si chiude con la Cina. Ma stavolta di mezzo ci sono le Olimpiadi. «Non ho ancora deciso se andrò» alla cerimonia di apertura di Pechino, confida il Cavaliere a fine giornata.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.