Roma - La frenesia culinaria che sta attraversando in questi giorni il Pdl deve aver fatto scuola se mercoledì sera si sono incontrati per cena Umberto Bossi, Giulio Tremonti e Roberto Calderoli. Una tavolata ristretta e piuttosto discreta se i tre scelgono per l’occasione un ristorante decisamente fuori mano: “Rinaldo all’Acquedotto”, pochi chilometri da Ciampino e dunque lontanissimo dai riflettori. Ed è qui che va in scena uno scambio di vedute piuttosto franco, con i leghisti e il ministro dell’Economia che concordano nel definire «del tutto inopportuna» l’uscita di Silvio Berlusconi su una possibile candidatura a premier di Angelino Alfano nel 2013. Investitura peraltro smentita proprio mercoledì sera da Paolo Bonaiuti e Denis Verdini che l’avevano derubricata a semplice «ragionamento».
Così, Berlusconi decide di tornare sul tema, visto che la «nomination» di Alfano non solo ha mandato in agitazione un già agitatissimo Pdl ma ha pure lasciato piuttosto perplessa la Lega che tutto pensa di fare nel 2013 fuorché sostenere un candidato premier siciliano. Durante un summit a Palazzo Grazioli con i vertici del Pdl, quindi, il Cavaliere ribadisce di non aver mai fatto il nome del Guardasigilli. Perché, dice, «sarebbe il massimo che oltre a tutto ciò che mi attribuiscono, mi prendessi anche la colpa su chi verrà dopo di me». Eppoi, aggiunge, siccome siamo un partito democratico, spetterà al partito decidere chi dovrà sostituirmi un giorno. Un modo per sedare i tanti mal di pancia di chi già ieri buttava lì che il successore «lo deciderà comunque un congresso» (Altermo Matteoli). E pure lo stesso Alfano, com’era prevedibile, non ha fatto certo i salti di gioia perché, è noto, in politica a uscire allo scoperto troppo presto si finisce «bruciati». Proprio il ragionamento, per nulla casuale, che fa il ministro della Giustizia. «Non ho ricevuto alcuna investitura - dice - visto che si tratta di indiscrezioni giornalistiche». Eppoi, «se io dovessi parlare con Berlusconi del futuro gli consiglierei almeno cinque nomi che ho in mente di esponenti di Pdl e Lega di certo più meritevoli di me». «Non li dico solo per non danneggiarli». Per non “bruciarli” per l’appunto.
Archiviata la querelle sulla successione, si torna al capitolo giustizia. Con il Cavaliere che durante il vertice di Palazzo Grazioli rilancia sul ddl intercettazioni e prova a blindare il processo breve (che ora deve essere approvato al Senato) dalle perplessità di Giorgio Napolitano. Le parole del capo dello Stato («valuterò i termini di questa questione quando saremo vicini al momento dell’approvazione definitiva») lasciano infatti decisamente perplesso Berlusconi. Tanto, avrebbe detto il premier davanti ad alcuni dei partecipanti, sappiamo bene da che parte sta Napolitano. Comunque, aggiunge, «con il Colle faremo chiarezza». E per tentare una prima mediazione sarà proprio Alfano a salire al Quirinale, mentre Bonaiuti inizia a preparare il terreno smentendo le ricostruzioni che raccontano un Cavaliere pronto al braccio di ferro. Eventualità, invece, ancora sul tavolo visto che tutto vuole Berlusconi fuorché modificare il testo al Senato ed essere così obbligato ad un altro passaggio alla Camera dove, nonostante la buona tenuta di questi giorni, i numeri restano comunque risicati nonostante l’ingresso ufficiale dei Liberaldemocratici Italo Tanoni e Daniela Melchiorre.
A breve, poi, dovrebbe chiudersi la seconda tranche del rimpasto. Già nel Consiglio dei ministri di oggi, infatti, lo storaciano Nello Musumeci potrebbe essere nominato sottosegretario al Lavoro. Per gli altri, invece, pare ci sia ancora da aspettare.
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