Berlusconi resiste "Non me ne vado"

Il Cav sfida i traditori in aula. Non se ne andrà per le richieste dei Casini e dei Bersani, ma quando non ci sarà più la maggioranza

Berlusconi resiste "Non me ne vado"

Silvio Berlusconi vuole guardare negli occhi i traditori, per questo non lascia e sceglie di affrontare, nelle prossime ore, il giudizio-verdetto dell’aula. Lo ha detto lui, nel mezzo di una giornata convul­sa che era iniziata con l’annuncio di dimissioni imminenti dato da Giuliano Ferrara via inter­net. Ma ancora una volta Berlusconi alla fine è sfuggito ai riti e alla logica della politica politi­cant­e e ha ridotto a semplice buon senso il pro­blema più complicato dei suoi 18 anni di gover­no. Morale: non se ne andrà perché lo chiedo­no Casini, Bersani e Fini. Non perché anche tra alcuni dei suoi fedelissimi serpeggia la paura di perdere la posta tutta. Non perché risolve­rebbe un problema del Quirinale. Se ne andrà soltanto quando la metà più uno dei deputati e senatori che lo hanno messo lì diranno che ha cambiato idea. Semplice e disarmante, ma an­che assolutamente giusto.

Le crisi politiche non si aprono sui giornali, nei sottoscala della politica o nei salotti buoni. Si aprono solo in parlamento, dove se si perde lo si fa con onore e qualcuno sarà chiamato a spiegare il perché agli elettori. Ricordate Pro­di? Scelse la stessa strada, perse per mano di Ri­fondazione comunista. Il popolo di sinistra non capì e si comportò di conseguenza: di quei comunisti, alle elezioni successive, non ne è stato eletto neppure uno.

La logica dice che Berlusconi cadrà. Lui, che è ottimista di natura e non si arrende mai, non ne è convinto. L’uomo non conoscerà il gala­teo della politica ma conosce bene gli uomini (e le donne). I suoi (le sue), poi, li conosce uno per uno. Per questo non ha perso la speranza di recuperare gli scettici, vuole guardarli in fac­cia, ricordargli con lo sguardo chi sono, da do­ve vengono e cosa sarebbero stati senza di lui. Ci sono momenti nei quali le regole non con­tano. Per questo ieri il premier invece di perde­re tempo a parlare con chi lo vuole morto si è riunito con i suoi familiari e il suo braccio de­stro di sempre, Confalonieri. Conclusione: sia­mo di fronte a un gioco di potere, resisto per­ché non c’è una alternativa politica in grado di onorare la famosa lettera all’Europa.

Meglio ri­schiare di cadere su quella e provare a mettere le cose in modo da andare subito ad elezioni che lasciare campo aperto a una armata Bran­caleone assetata di poltrone. Lo sta facendo la Spagna, lo farà la Grecia. Possiamo farlo anche noi senza drammi. E mi sa tanto che lo faremo.

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