Roma - Quando a tarda sera, davanti all’ufficio di presidenza del Pdl riunito a Palazzo Grazioli, Berlusconi dice di voler «tornare a fare l’imprenditore» c’è anche chi, magari, ci crede davvero. Invece il Cavaliere a mollare tutto non ci pensa affatto.E l’imprenditore ha intenzione di farlo ma «di un partito politico »,cioè il Pdl,«a cui mi dedicherò a tempo pieno» perché «va riorganizzato dalle fondamenta ». Nel giorno dell’addio a Palazzo Chigi - con il rito del passaggio della campanella che apre e chiude il Consiglio dei ministri a Mario Monti - il Cavaliere conferma di non voler arretrare di un passo. Perché, come diceva nel pomeriggio guardando in tv le immagini del giuramento del nuovo governo, «oggi si chiude un capitolo» ma «non siamo alla fine della storia».
Ecco perché Berlusconi non esita a dire che «da questo momento siamo in campagna elettorale». Perché sa bene che al più tardi le elezioni arriveranno fra poco più di un anno, ma che non è affatto escluso si possa andare alle urne prima. Anche se - assicura durante l’ufficio di presidenza- il nostro atteggiamento nei confronti del nuovo esecutivo sarà «collaborativo ». Collaborativo e «attento rispetto ai provvedimenti che adotterà. Al punto che Berlusconi pensa seriamente ad un governo ombra. Sono queste le parole che usa, anche se «solo per farmi capire » perché «l’espressione non mi piace». L’idea, insomma, è quella di una squadra operativa - in cui ognuno abbia una sua competenza - capace di produrre critiche e di promuovere idee e materiali da sviluppare anche per la futura campagna elettorale del partito. Poi l’appello all’unità.All’interno del Pdl, perché il Cavaliere è consapevole del rischio che nei prossimi mesi il partito possa perdere altri pezzi. Ma anche con la Lega. Il «nostro rapporto», dice, è «solido» e «resterà tale».
Anche se Berlusconi sa bene quanto il passare del tempo metta a rischio l’asse con un Carroccio che tanto non ama il governo Monti dall’aver preferito rinunciare alle consultazioni. Nel lungo periodo, infatti, è chiaro che trovarsi a Roma su posizioni diverse rischia di incidere pesantemente nelle regioni, nelle province e nei comuni dove si governa insieme. Soprattutto perché se per Berlusconi la campagna elettorale «inizia oggi» per la Lega è iniziata già da una settimana. E i toni che si usano quando si avvicinano le urne non favoriscono certo l’unità. Restyling del partito dunque. Con l’obiettivo di raddoppiare gli iscritti: «Ho intenzione di mandare una lettera ad ognuno di loro per chiedergli di portarne uno a testa ». E la promessa di dare il via non solo ai congressi comunali e provinciali ma anche a «quello nazionale ». Il Pdl, insomma, «deve diventare come una grande azienda alla conquista dello spazio perduto sul mercato » ed avere una sola mission : quella del rilancio. Come è tutto da stabilire, anche se il Cavaliere ha già un paio di idee. Nessuna delle due esplicitate nel corso dell’ufficio di presidenza. La prima è quella di intervenire già domani alla Camera, in occasione della fiducia a Monti, per mostrare che l’era Berlusconi non è terminata e l’ormai ex premier anche plasticamente resta in pista.Più che un’idea se ha già cominciato a ragionare sul discorso. L’altra è quella di una grande manifestazione nazionale - sul modello di quelle del 2 dicembre - da tenere al termine dei congressi del partito. Anche se sarà nelle prossime settimane che si deciderà come tarare l’evento a secondo di quali saranno i primi provvedimenti del governo Monti.
Il messaggio è chiaro. Il Cavaliere vuole mostrare fin da subito di non avere alcuna intenzione di uscire di scena e di essere pronto alla sfida delle urne nel 2013. Probabilmente non sarà lui il candidato premier, ma certo continuerà ad avere la golden share su un Pdl che intende rifondare. Senza escludere l’eventualità - resta sempre un suo pallino - di affiancare al simbolo del Popolo della libertà una «sua» lista di berlusconiani doc. Un Berlusconi agguerrito, dunque. Ma che assicura a Monti la sua disponibilità ad un confronto «responsabile» e « collaborativo». «Con lui siamo in buone mani», dice durante l’ufficio di presidenza. E anche durante il faccia a faccia di qualche ora prima e la cerimonia del passaggio della campanella i toni e le conversazioni erano stati più che cordiali.
«Auguri» e «buon lavoro», aveva detto il Cavaliere al neopresidente del Consiglio. Concedendosi l’ultima battuta prima di lasciare Palazzo Chigi: «La campanella la suonavo sempre quando facevo il chierichetto in Chiesa...
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