Berlusconi: «Rispetteremo la legge-bavaglio»

Ronchi (An): «Ma nel 2001 il Polo fu duramente discriminato»

Adalberto Signore

da Roma

Tre ore e quindici. È questa, minuto più minuto meno, la lunga «pausa» che separa il Berlusconi cauto dal Berlusconi furente, il malcelato malessere dall’insofferenza manifesta. Il primo atto va in scena poco dopo le 15, quando il premier si limita a commentare l’appello di Carlo Azeglio Ciampi sulla par condicio con poche e sibilline parole: «Cosa devo dire, rispetteremo la legge. Quello che dice la legge sarà...». Il secondo poco prima delle 18.30, con Berlusconi che mette da parte ogni prudenza e punta il dito contro la par condicio: «Una legge bavaglio, una legge illiberale». E si spiega: «Mentre nel 2001 avevamo il 30 per cento oggi avremo solo il 4 del tempo globale, come un partito che si presenta la prima volta».
Dal palco della Fiera di Cagliari dove lancia la campagna elettorale di Forza Italia in Sardegna, Berlusconi replica all’appello di Ciampi senza mezzi termini. Non fa mai riferimento al Quirinale o alla missiva inviata dal capo dello Stato alla commissione di vigilanza Rai, ma i toni sono eloquenti e i destinatari ovvi. «La sinistra mi attacca e grida allo scandalo, ma - dice il premier - io sono andato in tv molto meno di Fassino, D’Alema e Rutelli». E ancora: «Sapete perché mi scapicollo ad andare in tv mattina e sera in questi giorni? Perché ho un grande debito. In questi quattro anni e mezzo non ci sono mai andato perché ero impegnato a governare». Berlusconi cita ad esempio Porta a Porta: «Ci sono stato due volte» contro «le dieci di Fassino e Rutelli». «È scandaloso - dice il premier - che dopo cinque anni di lavoro un governo non possa avere delle trasmissioni in cui dire chiaramente quanto ha fatto». E comunque, aggiunge: «Per me andare in tv è uno stress indicibile, perché bisogna stare attenti a qualsiasi parola si dice». Nonostante questo e nonostante gli appelli, ribadisce Berlusconi, il tour de force mediatico continuerà anche nelle prossime due settimane.
La Casa delle libertà raccoglie l’appello di Ciampi con la cortesia istituzionale del caso e qualche distinguo. Perché, spiega Sandro Bondi, si tratta di «un giusto richiamo». «Fin qui - aggiunge il coordinatore di Forza Italia - queste condizioni di parità e accesso sono state ampiamente tutelate. Certo, qualcuno può sempre lamentarsi e anche noi abbiamo molte ragioni per farlo, ma sostanzialmente mi sembra che le regole siano rispettate da tutti». Per Fabrizio Cicchitto, invece, «il centrosinistra non può certo lamentarsi» perché «le presenze in tv di Berlusconi, Fini e Casini sono bilanciate e sopravanzate da quelle di Prodi, Fassino, D’Alema e compagnia cantando». Poi il vicecoordinatore azzurro si concede una stoccata al leader dell’Unione: «Prodi ci dice che va in tv solo per dire cose concrete. Evidentemente, visto che in tv preferisce non andarci, non ha nulla di concreto da dire agli italiani».
Di appello «utile» parla invece il ministro della Salute Francesco Storace. «Utile - spiega ironico l’esponente di An - a evitare che qualcuno possa pensare a garantire la par condicio con Michele Santoro». Comprende «le preoccupazioni di Ciampi» Ignazio La Russa perché, spiega il capogruppo di An alla Camera, «la Rai deve offrire a tutte le forze politiche la possibilità di partecipare alle trasmissioni». «L’invito del capo dello Stato - gli fa invece eco Maurizio Gasparri - deve valere anche per i frequenti monologhi privi di contraddittorio dei leader della sinistra». «Apprezziamo le parole di Ciampi - chiosa il portavoce di An Andrea Ronchi - perché siamo stati sempre per il pluralismo. Anche nel 2001, quando il centrodestra fu duramente discriminato».
Dalla Lega arriva il plauso di Roberto Calderoli. «Parole sacrosante», dice il ministro delle Riforme che polemizza con gli alleati. «Nei tg - spiega - la Lega ha meno spazio di partiti e partitini di gran lunga meno rappresentativi di noi. L’Udc, per esempio, ha sempre avuto molto più spazio della sua reale dimensione».
Parla di «richiamo appropriato» anche l’Udc.

Il ministro per i Rapporti con il Parlamento Carlo Giovanardi non vede «alcuna polemica» nelle parole di Ciampi, mentre l’ex segretario Marco Follini invita tutti a «una maggiore sobrietà». E aggiunge: «Sulla quantità e qualità delle nostre presenze televisive giudicheranno gli elettori».

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