Politica

Berlusconi: sì alla spedizione ma per disarmare gli hezbollah

Il leader della Cdl: «Pronti a dare un voto favorevole purché siano ben definiti gli obiettivi politici e le norme d’ingaggio». Casini: «Rischio altissimo senza regole precise»

Francesca Angeli

da Roma

Disarmo delle «milizie terroriste». Definizione chiara degli obbiettivi politici e delle regole d’ingaggio. Sono due le condizioni poste da Silvio Berlusconi al governo Prodi per ottenere il sì della Casa delle libertà alla missione in Libano.
«Siamo favorevoli alla partecipazione dei militari italiani nel contingente Onu per il Libano», dice il leader di Forza Italia, che però pone paletti precisi proprio alla vigilia del voto in Parlamento previsto per oggi. «L’arrivo dei 30.000 militari dovrà portare alla riconquista della sovranità dell’esercito libanese sul suo territorio e quindi al disarmo delle milizie terroriste» ovvero degli hezbollah, dice Berlusconi. Via libera dunque all’invio delle nostre truppe ma soltanto «nel quadro di una missione con obiettivi politicamente chiari e con regole d’ingaggio precise».
E l’obbiettivo primario dell’invio dei caschi blu deve essere la sconfitta del terrorismo e soltanto con questo punto di partenza sarà possibile, aggiunge l’ex premier «un’intesa tra maggioranza e opposizione». Un’intesa che non cancella ovviamente «le divergenze» tra l’opposizione e il governo «in materia di politica estera», prosegue l’ex premier, essendo oltretutto «evidenti a tutti i contrasti fra le diverse posizioni di questa cosiddetta maggioranza, contrasti che non potranno essere surrogati all’infinito dal nostro senso di responsabilità».
E così all’indomani della passeggiata del ministro degli Esteri, Massimo D’Alema, a braccetto con un deputato di Hezbollah, il leader dell’opposizione chiarisce che la disponibilità della Cdl non è affatto scontata.
«In piena coerenza con l’azione del governo della Cdl - spiega Berlusconi - e con il senso di responsabilità verso il Paese che ci contraddistingue non ripagheremo l’attuale maggioranza con quel comportamento irresponsabile che l’opposizione di sinistra ha tenuto nei nostri confronti negli ultimi cinque anni». Anni in cui il governo di centrodestra non ha «mai fatto mancare la solidarietà ad Israele e non ha mai interrotto i rapporti positivi che l’Italia ha con i Paesi arabi moderati», ricorda il leader azzurro, che ribadisce una convinzione: «L’unico sbocco positivo per il Medio Oriente consiste nella formula “due popoli, due Stati”». E Berlusconi ricorda pure l’impegno del suo governo contro «il terrorismo globale di nuovo tipo, manifestatosi l'11 settembre 2001 e in altre drammatiche occasioni e sostenuto dal fondamentalismo di matrice islamica».
Partecipare alla missione Onu è «un dovere» anche per il leader della Lega, Umberto Bossi, preoccupato però dai costi altissimi di questo genere di operazioni. In sintonia con il resto della Cdl Pier Ferdinando Casini, leader Udc. «È giusto esprimere una disponibilità di massima dell’Italia alla missione, ma è giusto accompagnarla a una forte cautela e prudenza - sostiene Casini-. O l’Onu nelle prossime ore darà regole chiare, o la missione avrà un coefficiente di rischio altissimo».
Il nodo cruciale che ancora non è stato sciolto viene stigmatizzato da Fabrizio Cicchitto, vicecoordinatore di Forza Italia. «Chi disarmerà gli hezbollah? - si chiede il deputato azzurro -. Questo punto resta ambiguo e se non viene chiarito si resta alla risoluzione 1559 che è già stata un fallimento». Per Maurizio Gasparri di An l’ambiguità del governo Prodi è aggravata dall’atteggiamento «filopalestinese e filohezbollah di D’Alema».

Finché «il quadro resta così confuso il centrodestra non può dare il suo assenso all’invio delle truppe», dice Gasparri, anche perché non è chiara «la volontà del governo libanese di prendere le distanze e distinguersi da Hezbollah».

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