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Berlusconi sceglie il silenzio: "Ormai difficile fare di più"

Berlusconi sceglie il silenzio: "Ormai difficile fare di più"

Al quinto giorno ad alta tensione, Silvio Berlusconi decide ancora una volta di tacere. Così, quando Gianfranco Fini non è ancora intervenuto alla festa dell’Udc di Chianciano, il Cavaliere alza il telefono e fa sapere a Sandro Bondi che non ci sarà il programmato collegamento telefonico con il seminario di Gubbio. Perché, spiega il premier nel primo pomeriggio mentre è in aereo con destinazione Roma, «qualunque cosa io dica, qualunque riferimento io faccia, sarebbe interpretato come una risposta a Fini». E i giornali, insiste, «finirebbero per sguazzarci». «Basta guardare - dice il Cavaliere - cosa ha fatto oggi Repubblica con Zapatero, montando un caso che non esiste e parlando di un imbarazzo che non c’è mai stato. L’ennesima mistificazione, visto che l’unico imbarazzo di Zapatero era per il giornalista di El País che in un vertice internazionale si è messo a fare domande di quel genere».
Nonostante in questi giorni il presidente della Camera abbia rilanciato per due volte la polemica - prima quando ha fatto sapere che parlare di fraintendimento era «riduttivo» e poi con il suo intervento a Gubbio - Berlusconi è dunque deciso a seguire la via del silenzio e della mediazione. Che più di tutte, fa notare il vicepresidente dei deputati Pdl Osvaldo Napoli, può «portare risultati concreti» e che «lascia comunque Fini a menar fendenti da solo». Certo, in privato il premier continua a dirsi «politicamente sconcertato» per l’insistenza con cui l’ex leader di An ha affondato negli ultimi giorni, soprattutto per quel riferimento alle indagini di mafia che ha letto come una bordata senza precedenti, una sorta di via libera alla procura di Palermo che - racconta il tam tam del Palazzo - sta puntando su Berlusconi come «mandante occulto» delle stragi Falcone e Borsellino. E su questo punto, infatti, il Cavaliere aspetta ancora una precisazione. Allo sconcerto, però, almeno fino a oggi non è seguita una rottura vera e propria, segno che non siamo ancora al punto di non ritorno. D’altra parte - ragionava sempre in privato Berlusconi - a distruggere tutto basta un attimo. O, più semplicemente, una telefonata a Gubbio.
Ai suoi, però, il premier ribadisce anche la sua «disponibilità a capire» le ragioni dell’alleato. E in questo senso, d’altra parte, sono stati i segnali di questi giorni, visto che alla festa di Atreju il Cavaliere è stato decisamente prudente, tanto - faceva notare nei giorni scorsi - da non approfittare neanche della contestazione a Fini di un giovane della sezione Colle Oppio. Insomma, «a questo punto è difficile fare di più». Anche perché da 48 ore è al lavoro anche Gianni Letta che ha sentito l’ex leader di An più d’una volta. E in campo c’è anche la diplomazia del Carroccio, perché nonostante le quotidiane bordate di Umberto Bossi il capogruppo alla Camera Roberto Cota ha avuto anche lui una telefonata con Fini nella quale si sono dati appuntamento per un pranzo - presente il Senatùr - a inizio settimana. E che il lavoro dei pontieri stia portando risultati lo si è iniziato a intravedere ieri, perché l’intervento del presidente della Camera a Chianciano non è stato letto come «dirompente», distendendo il clima prima del vis-a-vis serale a Villa Madama. Dove Berlusconi e Fini si incontrano per la prima volta dopo le tensioni in occasione della cena in onore dei presidenti delle Camere dei Paesi del G8 (più Brasile, Cina, Egitto, India, Messico e Sud Africa), iniziata con una cordiale stretta di mano, sorrisi e qualche battuta sottovoce. Un’occasione istituzionale in cui certo i due non si siedono a tavolino a dissipare le tante incomprensioni, cosa che invece dovrebbero fare già a inizio della prossima settimana.
Tutto questo, ovviamente, non significa che Berlusconi non abbia mal digerito gli affondi di Fini, soprattutto in un momento in cui già si sente sotto accerchiamento: con Repubblica da una parte e la magistratura dall’altra, in attesa della decisione della Corte Costituzionale sul Lodo Alfano.

Gli scenari che raccontano di un presidente della Camera in attesa di una crisi istituzionale per poter rimescolare le carte e magari guidare un governo d’emergenza, infatti, non convincono molto Berlusconi che resta però sul chi vive. «D’altra parte - spiegava ieri in aereo - mai mi sarei aspettato una escalation del genere...».

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