Smirne - Rievoca «i decenni terribili della guerra fredda», sottolinea come «la contrapposizione di due arsenali nucleari» dell'entità di quello statunitense e russo sia una minaccia per «l'intera popolazione mondiale» e lancia un monito sul rischio che si possa arrivare a un conflitto globale che «porti addirittura alla distruzione del mondo», magari solo per «una casualità» o per un «qualche errore». Al termine del primo vertice intergovernativo tra Turchia e Italia, Silvio Berlusconi prova ancora una volta a farsi ambasciatore del dialogo tra Stati Uniti e Federazione Russa. E lo fa nel giorno in cui dal Cremlino arriva alla nuova amministrazione della Casa Bianca un messaggio chiarissimo: o la politica estera americana fa una decisa virata rispetto al passato oppure è impossibile qualunque dialogo. Insomma, né Medvedev né Putin hanno intenzione di fare passi indietro sullo scudo spaziale. E l'auspicio del Cavaliere è che Obama possa rivedere le posizioni degli Stati Uniti sul riarmo al più presto, così da creare le condizioni affinché tra le due potenze si riapra un canale diplomatico di confronto.
Berlusconi, dunque, appoggia la linea di Mosca. E la sua presa di posizione non lascia spazio a dubbi. «Diciamolo chiaro: ci sono state delle provocazioni alla Federazione Russa con il progetto di collocare missili in Polonia e nella Repubblica Ceca, con il riconoscimento unilaterale del Kosovo e - conclude il premier al termine della conferenza stampa congiunta con Erdogan - con l'accelerazione del processo di entrata di Ucraina e Georgia nella Nato». A tutto questo, aggiunge, Mosca «ha risposto in modo considerato arrogante» dagli Stati Uniti «e infine si è arrivati al posizionamento di missili russi in una enclave nei Balcani e a Kaliningrad».
Parole nette, che in passato il Cavaliere non aveva mai pronunciato pur non nascondendo le sue perplessità sulle scelte di Bush rispetto alla Federazione Russa. Ora, però, si guarda al futuro. E l'obiettivo di Berlusconi è dare a Obama una sponda europea nel tentativo - già annunciato dal neopresidente americano - di «ricomporre» il rapporto tra Washington e Mosca. E forse anche per questo il premier italiano decide di esporsi tanto proprio dalla Turchia, che agli Stati Uniti è sempre stata saldamente ancorata. Anche Erdogan - che in queste ore si è proposto come mediatore tra la Casa Bianca e l'Iran sulla questione nucleare - potrebbe dunque esporsi a favore delle ragioni del Cremlino.
Il «problema tra Occidente e Russia», dunque, «va risolto» mettendo «la parola fine al processo di allontanamento tra l'Unione Europea, gli Usa e la Federazione Russa». Per questo è «auspicabile» al più presto - magari già domani o dopodomani al G20 di Washington - un incontro tra Medvedev e Obama, per «tornare allo spirito del 2002 di Pratica di Mare» quando con la firma di un protocollo in 12 punti «credevamo di aver risolto» la questione. Come allora, aggiunge Berlusconi, quello dei rapporti tra Washington e Mosca «sarà il punto strategico della nostra politica estera». Anche perché - spiega - «l’arsenale atomico americano è in grado di distruggere il mondo venti volte, e quello russo dieci volte».
Nel vertice di Smirne (il primo summit intergovernativo che la Turchia abbia mai tenuto nella sua storia, a certificare gli ottimi rapporti tra i due Paesi) si parla a lungo anche del G20 che, spiega Berlusconi, «non avrà effetti salvifici». «Non vorrei si creasse l'aspettativa di risultati definitivi - dice il premier - perché rappresenta solo la prima tappa di un lungo percorso che speriamo possa portare a nuove regole per il controllo del mondo finanziario ed economico». Una strada, aggiunge, che in Italia - a differenza per esempio di quanto accade in Spagna - non può essere percorsa insieme all'opposizione che «non è socialdemocratica» e non crea dunque «le condizioni per trarre una qualche utilità da un confronto».
Sul tavolo anche l'ingresso di Ankara nell'Ue, un processo - spiega Erdogan - iniziato nel 1959. E mentre in Italia la Lega ribadisce il suo deciso «no» (a Smirne era presente anche Maroni), Berlusconi torna a ribadire il suo pieno appoggio perché «la moderazione della Turchia è fondamentale e strategica».
Di più: il governo italiano «sta lavorando per il dimezzamento dei tempi di adesione». Anche per questo, forse, per ben otto volte durante la lunga conferenza stampa Erdogan si rivolge a Berlusconi chiamandolo «il mio caro amico Silvio».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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