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Berlusconi: sono deboli e divisi ma non credo al voto anticipato

Adalberto Signore

da Roma

La giornata dell’opposizione dopo la bocciatura al Senato del decreto sugli sfratti sta un po’ tutta in quel lunghissimo applauso che a Palazzo Madama segue la lettura della votazione: 151 a 147, con buona pace del decreto (che decade) e pure del centrosinistra (costretto fino a sera a incassare i continui inviti a «prendere atto che la maggioranza non c’è più»). I leader del centrodestra, però, eccezion fatta per Fini preferiscono tacere.
Primo fra tutti Berlusconi, che a metà pomeriggio si concede una breve passeggiata nei pressi di Palazzo Grazioli ma evita accuratamente di commentare lo scivolone del governo. Con i suoi, però, non nasconde la soddisfazione. «Sono deboli e divisi su tutto - ripete a più d’uno - e visto che non hanno più la fiducia del Paese sperano in quella del Parlamento». Per dirla con le parole di Bonaiuti, insomma, «sono cominciati gli ultimi giorni di Pompei». Una situazione, dice Schifani, «di cui la maggioranza dovrebbe prendere atto» invece «di fuggire dalle proprie responsabilità». Il leader di Forza Italia, però, non sembra credere troppo nell’ipotesi che si possa tornare al voto a breve. Anche dovesse cadere Prodi - confida - «non penso si voterà prima del 2009». Questo, però, secondo Berlusconi non significa certo che l’opposizione non debba essere rigorosa, soprattutto al Senato. Perché - spiega - «bisogna sfruttare ogni occasione». Argomento, questo, al centro dell’incontro di lunedì sera con i vertici della Lega. Ad Arcore, infatti, Bossi, ha lamentato la mancanza di «una strategia condivisa». «Non solo - ha detto il Senatùr - nel fare opposizione, ma pure nel pianificare l’eventualità di un dopo Prodi». Anche per questo, Bossi ha chiesto al Cavaliere «parole chiare su Casini» che - accusavano ieri Cota e Gibelli - «ripropone la stessa strategia del freno a mano tirato che aveva al governo» e «offre una stampella a Prodi». Molte, poi, le lamentele del Carroccio per la scelta di parecchi esponenti di Forza Italia di sottoscrivere la richiesta di referendum sulla legge elettorale, con tanto di faccia a faccia tra Calderoli e Tremonti. Lamentele reiterate anche ieri sera, durante un incontro a Palazzo Grazioli per mettere a punto la manifestazione del 2 dicembre a Roma. Nel comitato organizzatore manca ancora l’Udc, ma il Cavaliere non pare preoccupato dalle accelerazioni centriste. «L’importante - spiega - è la comunanza di vedute».
Secondo Forza Italia, dunque, «il governo è allo sbando». Attacca Cicchitto: «Ormai complottano contro se stessi». «Le assenze nell’Unione - chiosa Pisanu - hanno un significato politico». Argomento che convince anche Quagliariello, visto che «il decreto sugli sfratti stava a cuore soprattutto alla sinistra radicale». «La maggioranza - spiega Stanca - naviga ormai a vista». Più netto Napoli, che paragona Prodi al barone di Munchhausen: «La sua stagione è già finita». Dure critiche anche da An. «Mi meraviglio dell’altrui meraviglia», ironizza Fini. «Al Senato - spiega - la maggioranza non c’è ed è normale che accadano queste cose». «L’Unione - gli fa eco Ronchi - non può governare». Mentre secondo Matteoli «Prodi non lo difende più nessuno, nemmeno l’Aula parlamentare». «L’unico che rischia lo sfratto - attacca Storace - è proprio lui». A testa bassa anche la Lega. Calderoli invoca la «crisi di governo», mentre Castelli parla di «spettacolo indecoroso della maggio-minoranza». Per l’Udc parla Cesa.

Che non entra nel merito dello scivolone al Senato ma critica le parole di Prodi («un incidente di percorso», fa sapere il premier). «Leggendo la sua dichiarazione - dice il segretario dell’Udc - siamo certi di una sola cosa: che non si trova in Italia».

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