Nel centrodestra si sforzano di vedere il bicchiere mezzo pieno. Cioè che la Corte costituzionale non ha bocciato del tutto la legge sul legittimo impedimento, quella che permetteva a premier e ministri di non essere al servizio permanente delle procure. In effetti, e per la prima volta, ieri si è stabilito che il presidente del Consiglio ha dei diritti ( pochi) che gli derivano in automatico dalla sua funzione. Non è cosa irrilevante, ma il bicchiere mezzo vuoto pesa come un macigno sulla libertà dell’attività politica e di governo. I giudici infatti avranno ora la possibilità, nella maggior parte dei casi, di accettare o respingere la giustificazione del premier che, chiamato in tribunale, avanzasse un legittimo impedimento. Per esempio: è un impedimento preparare col proprio staff un importante vertice internazionale? Dover incontrare un ambasciatore, un governatore regionale, è motivo sufficiente per saltare un’udienza? Se la risposta è affidata al magistrato di turno, è ovvio che le toghe avranno il potere di decidere l’agenda di governo, di stabilire che cosa è giusto e utile per il Paese, il suo futuro, la sua sicurezza.
I pm e i presidenti di tribunale come ministri aggiunti. Questo è il problema che la sentenza innesca, non tanto quello dell’iter giudiziario dei processi in corso contro il premier, due su tre dei quali sono destinati già ora a finire in prescrizione a prescindere dallo loro infondatezza accusatoria. Il braccio di ferro che le procure hanno innescato con Berlusconi, insomma, continua. E già immaginiamo le paginate sui giornali, con ribalzi all’estero, ogni volta che le prime contesteranno al secondo la giustificazione. Se non parlassimo di cose serie (l’immagine dell’Italia nel mondo) ci sarebbe da ridere, con politologi e intellettuali che si schiereranno a dibattere se la visita di un vice ministro irlandese è motivo sufficiente per marcare visita.
La sentenza pilatesca dell’-Alta Corte non sposta di fatto l’ago della bilancia sulle elezioni anticipate, che restano in bilico più di quanto le dichiarazioni ufficiali di ieri sera (comprese quelle di Berlusconi che le ha escluse) lascino intendere. Il presidente del Consiglio, forse perché si aspettava di peggio, dicono non sia di pessimo umore. Primo perché per carattere ama vedere i bicchieri mezzi pieni, secondo perché prima di ordinare il sciogliere le righe della legislatura vuole esplorare fino in fondo la possibilità di allargare la maggioranza. Per farlo ha bisogno di due cose: ancora un po’ di tempo e dimostrare nei fatti un grande senso di responsabilità per agevolare l’avvicinamento di quei moderati stufi di stare tra i banchi di una opposizione deludente e schizofrenica.
Il momento di sferrare l’attacco nelle urne sarebbe propizio, visto lo stato confusionale in cui versano la sinistra ( ieri il Pd è stato sull’orlo della scissione) e i fuoriusciti finiani. Ma checché se ne dica Berlusconi ha più a cuore il mandato di governare il Paese, a costo anche di sopportare la gogna mediatica di sedersi sul banco degli imputati.
E tra crisi economica, tensioni sociali per il caso Fiat, stabilità dell’Italia sullo scacchiere internazionale, non è il momento di aprire un vuoto di potere. A meno che non si sia davvero costretti a farlo. La sentenza di ieri avvicina, ma non supera, il punto di non ritorno.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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