Roma - «Politicizzare le elezioni puntando su tasse e sicurezza». A Palazzo Grazioli Silvio Berlusconi riunisce i vertici di Forza Italia e dà la linea in vista delle amministrative.
Una decisa sterzata rispetto alle ultime settimane in cui il Cavaliere aveva scelto un profilo prudente, al punto che da più parti lo si era tacciato di buonismo. Un aggettivo che però lo fa sorridere. «Buono, cattivo... tutte banalità», scherza con i presenti alla riunione. Ai quali ripete che da qui al 27 maggio bisogna affondare il colpo, concentrandosi su tasse e sicurezza. Anche perché, dice, ora «iniziano ad arrivare i conguagli delle addizionali Irpef locali nelle buste paga» e gli stipendi «ne usciranno penalizzati».
Mentre sul fronte sicurezza è convinto che il ddl sull’immigrazione del governo sia una vera «iattura» che porterà ad un «deciso aumento della criminalità».
Durante la riunione - cui partecipano Bondi, Bonaiuti, Schifani, Vito, Scajola, Pisanu e Verdini - si fa anche il punto della situazione. Con Verona, concordano tutti, che potrebbe essere l’ago della bilancia, visto che il sindaco uscente è di centrosinistra e la vittoria è considerata a portata di mano (a differenza di Genova o La Spezia dove un «ribaltamento» è quasi impossibile). Ma, seppur deciso a essere presente in tutte le piazze importanti, il Cavaliere qualche perplessità sull’opportunità di andare a Verona non la nasconde. Perché, confida ai presenti, ancora non ha del tutto digerito la soluzione del tira e molla con il Carroccio a favore del leghista Tosi. «Ad Arcore - ripete manifestando più d’una perplessità - ci si era accordati in modo diverso. Ora, bisognerà vedere cosa decideranno i dirigenti locali dell’Udc... ». Che, lascia intendere, dovessero fare qualche scherzo «non avrebbero tutti i torti». Incertezze a parte, però, è difficile che Berlusconi decida davvero di rinunciare alla trasferta veronese. Anche perché, dice, «ora dobbiamo marciare uniti» e «ricomporre le incomprensioni con Fini e Bossi». Continuando la panoramica, poi, si ragiona su Parma e Piacenza (considerate border line) e su Taranto (molto a rischio). Mentre c’è ottimismo sulle sfide siciliane del 13 e 14 maggio, soprattutto su Palermo e Trapani dove arriverà oggi per una due giorni.
Berlusconi si guarda però dall’ipotizzare spallate al governo. Perché, spiega, «Prodi non si dimetterebbe neanche davanti a una débâcle». L’obiettivo, dunque, è «indebolire ulteriormente l’esecutivo» e «accentuarne lo stato di precarietà». Per questo, ripete, «dobbiamo far capire agli italiani che questo è il governo dei “no”». «No», dice il Cavaliere, «su tutto», dalla Tav al ponte sullo Stretto, dai poliziotti di quartiere alla riforma della giustizia fino alla Bossi-Fini. Insomma, il Paese «deve sapere che sostenere sindaci di sinistra equivale a sostenere il governo». Un governo, dice durante il vertice a via del Plebiscito, «nel quale ormai Prodi fa accordi direttamente con la sinistra radicale senza neanche provare a mediare con Ds e Margherita».
All’ufficialità il Cavaliere lascia solo poche battute, scambiate con i cronisti in mattinata. Su Telecom accusa il governo di essere «intervenuto a più riprese». Mentre su un suo eventuale interessamento «si è speculato» perché «da parte nostra non c’è stata alcuna spinta ma solo disponibilità». Insomma, un «atteggiamento patriottico».
Sulla Fed, invece, torna a ripetere che «è sempre stata nei piani» anche se «non è così facile da realizzare». Poi, prima di imboccare il portone di Palazzo Grazioli, sottolinea quanto sia «incredibile» il «distacco della gente della politica». «E io facendo parte della gente... ».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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