Fabrizio de Feo
da Roma
«Il termine nucleare spaventa ma credo sia una necessità per il futuro». La lunga onda emotiva della tragedia di Chernobyl e del conseguente referendum del 1987 non è ancora del tutto smaltita. Ma Silvio Berlusconi va dritto al punto e tenta di richiamare alla realtà lopinione pubblica, ricordando la situazione di ricatto in cui vivono tanto lEuropa quanto il nostro Paese, strozzato dalla dipendenza energetica dallestero. Uno scenario di incertezza che impone allUnione europea la decisione politica di accelerare lo sviluppo del nucleare su larga scala per risolvere alla radice i problemi del caro-petrolio.
«Abbiamo un problema in Europa: quello dellenergia» sostiene il premier intervenendo al convegno dei notai europei allAuditorium di Roma. «Abbiamo approfittato poco del sistema di produzione dellenergia attraverso le centrali nucleari. Dobbiamo rivedere questo problema. Proprio allultimo Consiglio questo tema è stato sul nostro tavolo. Credo che solo lEuropa centralmente potrà decidere di chiamare tutti i Paesi a ridare il via alla costruzione, alla realizzazione di nuove centrali nucleari. Il singolo Paese non ne ha la forza». Anche perché, spiega il Cavaliere, «il termine nucleare spaventa tutti i cittadini. Credo, invece, che sia una necessità per il futuro».
Il premier trova lo spunto per affrontare largomento-energia mentre parla a tutto campo di economia, politica estera e questioni interne. Un intervento che parte da un saldo presupposto: lItalia è un Paese in salute. Certo sconta alcuni problemi assai comuni nel Vecchio Continente, come lipervalutazione delleuro, la concorrenza dei Paesi emergenti e, appunto, leccessivo costo dellenergia. Ma vi sono numerosi fattori che dimostrano come lItalia «guardi al futuro con fiducia». «Stiamo modernizzando il Paese», afferma dal palco, ricordando le 25 riforme attuate in quasi cinque anni di governo. «Abbiamo il clima mite», limmenso patrimonio artistico, la sesta economia del mondo oltre a un benessere diffuso». A riprova di ciò, il premier snocciola alcuni dati: l81% delle famiglie ha una casa di proprietà, la ricchezza degli italiani è dieci volte superiore al Pil e siamo il primo Paese per numero di auto vendute.
Il premier passa quindi ad elencare i problemi che ostacolano leconomia italiana. Parla dell«eredità» lasciata dai governi precedenti, che ha determinato «uno dei debiti pubblici più elevati del mondo». Senza dimenticare una circostanza che «pesa particolarmente, soprattutto a un liberale come me», ovvero la presenza di partiti che «ancora oggi orgogliosamente mostrano il simbolo dello Stato totalitario sovietico della falce e del martello» e che si autodefiniscono «comunisti». Il presidente del Consiglio non dimentica i temi europei. Sostiene che la bocciatura della Carta costituzionale europea da parte di francesi e olandesi è dovuta in parte «alleccessiva burocratizzazione» derivante dalle «troppe direttive e norme» dettate da funzionari di Bruxelles «lontani dal mondo del lavoro». Lacci e lacciuoli che, aggiunge, «creano più difficoltà che aiuti alle imprese europee».
Altro motivo che ha spinto francesi e olandesi a bocciare la Costituzione europea, aggiunge Berlusconi, è linflazione dovuta allintroduzione delleuro, che è un «fenomeno generale» che riguarda tutti i Paesi delleurozona. Lipervalutazione delleuro, sottolinea, ha fatto perdere il 50% della competitività alle imprese europee, già gravate dalla concorrenza dei Paesi emergenti e della Cina in particolare. Un problema, quello dellinvasione dei prodotti di Pechino, rispetto al quale Berlusconi avanza una soluzione: stabilire una parità fra le importazioni e le esportazioni del continente asiatico. «Tanto importiamo, tanto esportiamo», suggerisce il premier.
Berlusconi conclude il suo intervento ribadendo la propria fiducia nel libero mercato e condannando, al contrario, «leconomia pianificata» che era in vigore nei Paesi dellex blocco sovietico. Per farlo ricorda laneddoto di quando spiegò a Mikhail Gorbaciov come funziona il capitalismo. Una lunga conversazione con lamico russo che a un certo punto gli chiese quale fosse «listituzione che stabilisce i prezzi» in un sistema di libero mercato.
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