Roma - Il primo messaggio è per la mamma: «Cara signora Casini, anche io con il suo ragazzo ho portato pazienza per moltissimi anni». E il secondo è per il figlio: «Caro Pier, vieni con noi, ti conviene. Ti chiedo solo un piccolo sacrificio momentaneo sul simbolo, che peraltro non ha una grande storia. In Parlamento faremo un gruppo unico, perchè vogliamo governare e non fare soltanto un’alleanza elettorale, ma l’Udc potrebbe tranquillamente tenere ferma la sua forza e la sua organizzazione».
Dallo studio di Uno Mattina, Silvio Berlusconi lancia così il suo ultimo appello ai centristi. Il marchio? «Quella - dice - è una questione che può essere facilmente superata. La cosa principale è fare un gruppo unitario. Solo in questa maniera saremmo credibili davanti agli elettori. Il resto sono solo personalismi». Insomma, insiste il Cavaliere, Casini farebbe bene a non tirare troppo la corda: «L’Udc sta decidendo, però corrono pericoli enormi, perché i cittadini si domanderanno se il loro voto andrà sprecato. Mentre il centrodestra avrà certamente un ampio margine anche senza di loro, 10-12 per cento secondo i sondaggi, al contrario i centristi rischiano un risultato molto più che modesto. Infatti bisognerà vedere se gli elettori dell’Udc continueranno a sceglierli senza che ci sia possibilità alcuna di vittoria».
Conclusione: caro Pier, fatti bene i tuoi conti. Ma, giura, c’è ancora uno spiraglio. «Non siamo noi - spiega Berlusconi - a chiudere le porte che restano ben aperte, anzi spalancate. Però ci deve essere un impegno, una garanzia precisa sul fatto che poi si farà un gruppo parlamentare unico perché il programma deve essere realizzato».
Dunque, o con me o con Walter, non ci sono alternative, non c’è spazio per posizioni intermedie. «La legge elettorale dice che vince la coalizione che prende il 55 per cento dei voti. Non posso immaginare che l’Udc, come anche la Cosa bianca o la sinistra estrema, possano anche immaginare di raggiungere questo traguardo». Da qui l’esigenza di un «voto utile», perchè scegliere «un partito piccolo stavolta non serve». E il 13 aprile? O il Pd o il Pdl. «Sì - conferma il Cavaliere - , votate per me oppure per Veltroni. La situazione è questa. O di qua o di là, il discorso vale per tutte le democrazie europee».
Le gentilezze nei confronti del segretario del Partito democratico finiscono qui, in fondo siamo in campagna elettorale. Tra meno di due mesi si va alle urne e il competitor di Berlusconi, «il candidato del Pd di Romano Prodi», agli occhi del leader del Popolo della libertà, ha già fatto una mossa sbagliata, l’intesa con Antonio Di Pietro, che preclude ogni possibile contatto con il centrosinistra in tema di giustizia.
Poi c’è l’intervento del leader Pd a «Porta a porta», che non gli è piaciuto. «Ho visto Veltroni in tv... Incredibile quante ne ha dette!. Una su tutte? Ha detto che siamo stati noi a far fallire il dialogo sulla legge elettorale. Non è vero. Ma noi ribatteremo punto su punto», ha assicurato.
La campagna andrà come andrà, con toni probabilmente più tranquilli rispetto al passato. E dopo? «Se vinciamo le elezioni - annuncia il Cavaliere - , e sono sicuro che le vinciamo, la presidenza di una delle due Camere andrà all’opposizione. Noi non faremo come la sinistra, che due anni fa ha occupato tutte le cariche istituzionali».
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