Berlusconi: "Veltroni? Lo batterò così"

Il leader del Popolo della Libertà: "Non serve neppure la campagna elettorale: il Pd ci ha lasciato un'Italia da quarto mondo. Noi siamo già al 46%. Via l'Ici nel primo Consiglio dei ministri. Ipotesi pareggio? Allora grande coalizione. Con Casini ho sempre avuto un rapporto non positivo"

Berlusconi: "Veltroni? Lo batterò così"

Roma - «Con Pier Ferdinando Casini ho sempre avuto un rapporto che non posso definire in modo positivo, fin dal ’94». Silvio Berlusconi dopo ventitré mesi torna a Matrix. E nel salotto televisivo di Enrico Mentana apre il capitolo delle confessioni e svela con toni pacati - ma senza fare sconti - tutta la parabola dei suoi rapporti con l’ex presidente della Camera. Quella dell’ex premier è una analisi completa, una narrazione di avvenimenti collocati nel passato ritenuti decisivi per la comprensione di un fatto presente: il divorzio dal leader Udc. «Fin dalla mia discesa in campo - spiega Berlusconi - Casini era un esponente della vecchia politica, dei vecchi partiti che non si poterono presentare alle elezioni. Mi chiese di entrare in Forza Italia, assieme ad altri, dicendomi che erano sangue del mio sangue, carne della mia carne. Fu ospitato nelle nostre liste e dopo le elezioni mi fece dire da una sua amica che avrebbe fatto un proprio gruppo. Più tardi avrebbe fatto nascere il suo partito, il Ccd. Da allora abbiamo avuto una relazione punteggiata da contrasti. Nel ’96 - ricorda Berlusconi - fu lui a convincere Fini a dire no al tentativo Maccanico e ricordo che io, con le lacrime agli occhi, li pregai di cambiare idea, spiegando che senza la Lega avremmo perso le elezioni. Anche nel 2001 tornati al governo, ebbi vita difficile perché bastava che un alleato dicesse no per impedirci di andare avanti con il programma».

Il lungo flashback si conclude con l’approdo nel presente e con la decisione del partito di Via Due Macelli di navigare in solitaria. Berlusconi non ha dubbi: la decisione dell’Udc di non entrare nel Pdl era presa da tempo, quella di dover difendere il simbolo era solo una «scusa perché dopo aver addotto questa motivazione oggi per avere De Mita, cambia simbolo e anche nome e si chiama Centro democratico». «Non dimenticate» continua «che la rottura con l’Udc si verificò di venerdì e lunedì Roma era già piena di manifesti per Casini premier». E quando Mentana obietta che l’ex presidente della Camera è stato avvertito da una telefonata di Gianni Letta ad accordo già concluso tra Forza Italia e An, Berlusconi replica con una battuta. «Lui era in treno, poteva prendere una decisione veloce anche lui». In ogni caso, conclude il leader azzurro, «la decisione personalistica di andare da solo Casini l’ha presa il 2 dicembre, quando è andato a Palermo mentre noi eravamo tutti in piazza a Roma. In quella data ci fu il primo divorzio dai suoi elettori. Vuol dire che avremo meno difficoltà nel prendere le decisioni quando saremo al governo».

Esaurita la lunga ricostruzione del rapporto con Casini, Berlusconi fa un annuncio importante per le tasche degli italiani: «L’abolizione dell’Ici sulla prima casa sarà oggetto di un disegno di legge già in occasione del primo consiglio dei ministri». Poi guarda all’immediato futuro. «Non c’è bisogno di fare campagna elettorale, non credo che gli italiani siano così ingenui da votare per chi ha fatto solo disastri. La campagna elettorale è scontata. Siamo al 46%. Sono più preoccupato per il dopo». D’altra parte «la scelta di Veltroni di prendere Di Pietro è sconcertante, con lui la cultura giustizialista trova un terreno appropriato nel Pd». Inoltre «imbarcare i Radicali creerà confusione. I Radicali e Di Pietro sono come il diavolo e l’acquasanta: gli uni garantisti e l’altro giustizialista senza dimenticare che ci sono cattolici come la Binetti che non hanno nulla a che fare con i Radicali».

C’è spazio, infine, per alcuni annunci. C’è il via libera alla Grande Coalizione «qualora, come nel 2006, il risultato elettorale sia un pareggio». C’è la smentita delle illazioni che lo vorrebbero interessato a diventare presidente della Repubblica. «Il Quirinale non è un palazzo verso cui io ho ambizioni di sorta». C’è la rivelazione che Lucio Stanca sarà confermato ministro.

L’ultima battuta è per il suo alleato numericamente più importante. «Cosa farà Fini da grande? Ha intenzioni legittime che io conosco ma non posso rivelare. Sono sicuro che riuscirà a portare a termine i suoi obiettivi nei prossimi anni».

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