Berlusconi vince in silenzio: «Ora serve unità»

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Berlusconi vince in silenzio: «Ora serve unità»

Anna Maria Greco

da Roma

Obiettivo centrato. E l’obiettivo di Silvio Berlusconi era vincere senza essere mai entrato nella mischia dei referendum. Non si è schierato, non ha fatto dichiarazioni di voto o di non voto: si è solo seduto sull’argine del fiume aspettando che passasse il cadavere del nemico. Il che, puntualmente, è avvenuto.
Il premier non è andato alle urne, dopo il suo ritorno di domenica dalla Sardegna, ma senza strombazzarlo prima. E, tra Macherio e Arcore, ha aspettato di essere certo del mancato quorum prima di affidare ad una nota ben soppesata il suo pensiero. «Non sono intervenuto nel dibattito - dice, a urne chiuse - e nel voto per il referendum. Ho taciuto per non dividere il Paese su un problema di coscienza e non voglio fare commenti neppure ora, dopo che gli elettori hanno dimostrato anche stavolta di saper giudicare in maniera indipendente».
Aplomb istituzionale, nessun cedimento all’enfasi vittoriosa degli astensionisti oppure alle invettive contro il fronte dei quattro sì. Il Cavaliere non vuole stravincere, né caricare il risultato di un peso troppo politico. Sceglie di guardare oltre e di parlare dell’interesse nazionale, indossando ora più che mai l’abito del moderato. «L'Italia - aggiunge - ha bisogno di unità ed è inutile far finire sempre tutto in politica».
Mentre volano gli stracci dentro An, radicali e opposizione abrogazionista si leccano le ferite e fioccano richieste di dimissioni a destra e sinistra, da Fini a Fassino, il premier constata di aver visto giusto non scendendo il campo sui referendum: anche perchè l’ «effetto-Berlusconi» avrebbe potuto far salire i votanti in chiave antigovernativa. La sua preoccupazione è che si riassorba la crisi interna ad An, che indebolisce tutta la coalizione, e per questo non gioca sulla destabilizzazione di Fini.
Ora il Cavaliere sente più vicino il suo progetto del partito unico della Cdl. Il collegamento con la Chiesa, tanto impegnata nella campagna astensionista sui referendum per la procreazione assistita, sembra rafforzato e il leader di Fi non si lascerà certo scalzare da Casini o Rutelli. Ma Berlusconi sa che nella sua Casa dovranno sempre convivere laici e cattolici.
Proprio oggi pomeriggio il premier parlerà al seminario del centrodestra organizzato dal Comitato di Todi e dalla fondazione Liberal che ha all'ordine del giorno «le regole per stare insieme» e dunque il modello di partito.
Per il capogruppo europeo di Fi Antonio Tajani, «i tempi per il partito unico del centrodestra si stanno accorciando», dopo la vittoria sui referendum dell’«Italia dei moderati». E l’azzurro propone anche il nome del nuovo soggetto: Alleanza popolare delle libertà. Alleanza che richiama An, popolare per Ppe e libertà come Cdl.
Del futuro della legge 40 sulla procreazione assistita parlano i colonnelli azzurri. Sandro Bondi, coordinatore di Fi, sottolinea che gli abrogazionisti sono stati nettamente sconfitti, ma non esclude un miglioramento delle norme. «Occorre prevedere - dice - un periodo di sperimentazione della legge 40, per valutarne appieno gli effetti e le conseguenze. Solo in seguito potranno essere analizzati con la dovuta attenzione gli eventuali difetti o i punti che possono essere migliorati. Questo compito spetterà al Parlamento come ha voluto indicare chiaramente la stragrande maggioranza degli italiani».
E Renato Schifani, presidente dei senatori azzurri, conferma: «Non abbiamo mai escluso l'opportunità di un approfondimento su alcuni soltanto dei quesiti referendari».
Si sa che per Berlusconi le leggi non si correggono a colpi di referendum e il vicecoordinatore azzurro, Fabrizio Cicchitto, spiega che le urne confermano l’«usura» di uno strumento che può essere utilizzato «in poche occasioni straordinarie per grandi questioni che coinvolgano la maggioranza dei cittadini e non può essere riproposto ogni anno su questioni specifiche che dovrebbero essere affrontate e risolte in parlamento». E di fronte alla chiarezza di un risultato «schiacciante» le polemiche del fronte abrogazionista contro il ministero degli Interni, aggiunge, «francamente non hanno fondamento». Cicchitto, personalmente, vorrebbe due correzioni della legge 40, su «la libertà di ricerca e la diagnosi preimpianto», e si augura che il parlamento impari la lezione di equilibrio di Berlusconi che, con il suo comportamento «saggio e corretto» ha evitato lo «scontro politico globale».
Per il responsabile azzurro dei rapporti con il Vaticano, Francesco Giro, «il mancato raggiungimento del quorum è una severa lezione per Fassino», ma ora non bisogna farsi tentare da «derive neocentriste», bensì difendere «i meriti dell'attuale sistema bipolare».

Anche Isabella Bertolini, vicecapogruppo di Fi alla Camera, punta il dito a sinistra: «Fassino esce con le ossa rotte da questa consultazione assieme alla sinistra che ha voluto strumentalizzare politicamente questo referendum. Hanno preso una cantonata colossale».

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