Berlusconi: vinceremo perché non siamo coglioni

nostro inviato a Napoli
«Non mi ricordo chi c’è dopo di me, chi è che deve parlare?». Pier Ferdinando Casini chiude così il suo intervento in piazza del Plebiscito, con un assist a Gianfranco Fini che le migliaia di sostenitori della Casa delle libertà riuniti a Napoli raccolgono senza esitazione. «Fi-ni, Fi-ni, Fi-ni», si alza dalla folla. «E poi dicono che non ci vogliamo bene!», chiosa Casini abbracciando il leader di An. Sale sul palco pure Silvio Berlusconi e i tre sorridono e salutano la piazza. «Ci vogliamo bene ma non abbiamo Luxuria», la butta lì scherzando il presidente della Camera. «Avete visto l’abbraccio tra Sheva e Inzaghi? Anche noi insieme abbiamo fatto tanti gol», ride il premier. Ed è questa, forse, l’immagine che fotografa l’ultimo atto della campagna elettorale della Casa delle libertà. Un segnale forte di unità e compattezza, concetto più volte ribadito dai tre leader del centrodestra saliti a parlare sul palco e persino da Roberto Maroni, negli ultimi tempi un po’ più scettico sul futuro della Lega nel post elezioni. Perché - è questa la convinzione del premier - «solo puntando su ciò che ci ha legato questi cinque anni e dicendo chiaro che fine farà il Paese nel caso di vittoria della sinistra» riusciremo a portare alle urne anche gli indecisi. Secondo uno degli ultimi sondaggi nelle mani di Berlusconi, infatti, la rimonta della Casa delle libertà iniziata a settembre si può davvero concludere con un sorpasso solo se l’affluenza alle urne arriva all’84-86 per cento. E il trend, dicono le rilevazioni di Palazzo Chigi, sembra essere positivo. Qualche settimana fa, infatti, l’8 per cento degli italiani diceva di non sapere se votare e un altro 8 per cento era incerto su chi votare. E oggi gli indecisi si sarebbero ridotti di quasi la metà. Da qui la decisione di chiudere la campagna elettorale con una manifestazione comune («a differenza del centrosinistra, che sono sparsi per tutta l’Italia», ribadiscono tutti i leader) e dare un forte segnale di unità. Puntando a evidenziare quelle che nel centrodestra vengono considerate le contraddizioni più evidenti dell’Unione: da Caruso a Luxuria, passando per no global, pacs e tasse.
Unità. Che il leit motiv del pomeriggio sarebbe stato quello dell’unità lo si era capito fin dalle 18. Quando nello spazio dietro il palco erano iniziati ad arrivare alla spicciolata Fini, Casini e Maroni. Con saluti e pacche sulle spalle tra tutti i presenti, da Sandro Bondi a Fabrizio Cicchitto fino al radicale Benedetto Della Vedova, e pure una lunghissima stretta di mano fra Maroni e il segretario dell’Udc Lorenzo Cesa. Ed è proprio quest’ultimo ad anticipare il coup de théâtre finale di Berlusconi («vedrete, ci sarà una sorpresa...»). Sul palco, il socialista Stefano Caldoro si improvvisa per l’occasione speaker. E, dopo una breve introduzione, invita al microfono il premier. Che tra i cori di incoraggiamento di piazza del Plebiscito spiega subito le sue intenzioni: «Ho già capito che non è il caso di fare grandi discorsi». E via con un lungo tête-à-tête con il pubblico. «Volete essere governati da chi è stato complice della peggiore tirannia che la storia ricordi? Da chi ha avuto come idoli Stalin, Lenin, Mao, Pol Pot? Da chi tutta la vita si è schierato sempre e comunque dalla parte sbagliata? Da chi vuole impedirci la realizzazione delle grandi opere? Dalle toghe rosse? Da chi vuole imporre tasse sulle case e su ciò che volete lasciare ai vostri figli?». Domande regolarmente scandite dal «noooo» della piazza. Sempre ieri, intervistato da Affaritaliani.it, aveva paragonato le elezioni del 9-10 aprile a «un bivio storico per l’Italia, assai simile a quello del ’48, quando le forze democratiche respinsero l'offensiva comunista ancorando saldamente il Paese all’Occidente, alla democrazia e ai suoi valori». «Ma non contesterò un’eventuale vittoria dell'Unione alle elezioni - dice poi dagli schermi Rai -. Ma ricordo che si vantarono di aver fatto annullare un milione e 700mila voti a favore del centrodestra». Quindi, dopo solo 22 minuti di intervento, passa la palla a Maroni.
La Lega. Che porta «il saluto e l’abbraccio affettuoso di Bossi e di tutta la Lega Nord». Ringrazia il premier per aver «rispettato gli impegni presi» e attacca la sinistra «bugiarda e violenta». «Abbiamo trovato nella Casa delle libertà - dice - un alleato convinto e in Berlusconi un leader vero che ha garantito una guida sicura alla coalizione. Per questo continueremo a seguire lealmente l’azione politica della Cdl».
Lo scontro per il futuro. Tocca a Casini che esordisce con un buffetto affettuoso a Caldoro. Poi attacca: «In Europa, dove governa la sinistra, succedono queste cose: in Olanda l’introduzione dell’eutanasia, che significa soppressione degli anziani e dei neonati affetti da malformazioni; in Spagna l’adozione di bambini da parte di coppie omosessuali». Insomma, il 9 e 10 aprile «non ci sarà solo uno scontro sulle persone, ma sulla concezione e sull’idea del nostro futuro».
Il fotofinish. Da Fini, invece, arriva un durissimo attacco alla magistratura. «Non è colpa di Maroni, di Casini, di Berlusconi o mia se quando si parla di magistratura politicizzata non si parla né di toghe azzurre, né di toghe verdi, né di toghe tricolori ma soltanto di toghe rosse. Sono anni - arringa dal palco - che una parte della magistratura agisce con un ben preciso obiettivo politico». Poi l’appello alla «stragrande maggioranza dei magistrati italiani che sono certamente in buonafede»: «Isolate i faziosi». Ma Fini, che incassa applausi su applausi dalla ben nutrita pattuglia di sostenitori di An, guarda anche a quel «risultato al fotofinish» di cui aveva parlato qualche minuto prima di salire sul palco: «Noi ce l’abbiamo messa tutta, ora chiediamo a voi un capillare porta a porta per convincere la gente a votare. Anche gli indecisi, anche i delusi». «Perché - aggiunge - se si pronuncia il popolo italiano noi vinciamo le elezioni».
Vinceremo. Sembra finita così, con l’abbraccio fra i leader della Casa delle libertà sul palco e i cinque, sei minuti di battimani della piazza. Poi i militanti iniziano a riporre le bandiere e a incamminarsi verso casa. Berlusconi, però, a sipario chiuso si ripresenta per il bis. Va di nuovo al microfono e ringrazia tutti. «Siete commoventi», dice sorridendo e con le mani alzate.

«Domenica e lunedì - chiude - vinceremo perché non siamo coglioni». In serata l’ultimo sfogo: «Si offendono per una parolina che tutti i ragazzi, dalla prima elementare in poi, usano tra loro, ma quando vado in giro mi dicono di tutto».

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