Bernanke ammette: «Contro la crisi potevo fare di più»

Jean-Claude Trichet è rientrato dalle immancabili vacanze in Bretagna con una convinzione in più: questa ripresa non si scioglierà come un ghiacciolo al sole. Double dip? Neppure a parlarne. Deflazione? Macchè. Le risposte sono le stesse date di recente da Ben Bernanke, ma il copione non sembra affatto essere uguale. Mai come in quest’ultimo periodo l’umore dei timonieri di Bce e Fed è apparso così diverso. Senza indulgere in eccessi di ottimismo, al termine della riunione che ieri ha lasciato i tassi invariati al minimo storico dell’1%, Trichet ha messo sul tavolo le previsioni aggiornate - e riviste al rialzo - sulla crescita della euro zona. Il Pil quest’anno si espanderà fra l’1,4 e l’1,8%(+0,7/1,3% tre mesi fa) e tra lo 0,5 e il 2,3% nel 2011 (0,2/2,2%). Merito del «rimbalzo più forte del previsto della crescita oltre agli sviluppi per i prossimi mesi, migliori di quanto ci si aspettasse». La prudenza, tuttavia, è d’obbligo: «Non dichiariamo vittoria, ci muoviamo sempre in un universo incerto».
In questo senso va interpretata la mossa di estendere fino al prossimo 18 gennaio i prestiti illimitati, una misura logica, dettata dalla necessità di fornire ancora sostegno soprattutto alle disastrate banche irlandesi e greche. L’ora dell’exit strategy non è ancora scoccata per l’Eurotower, ma nella decisione con cui la Fed è tornata a programmare l’acquisto di titoli del Tesoro Usa si avverte ben più il carattere di urgenza, la necessità di puntellare una «ripresa letargica», per usare la fresca definizione della stessa banca centrale Usa. Passare dal +5 del quarto trimestre 2009 all’1,6% del secondo trimestre 2010, è come essere scaraventati sotto una doccia gelata. Con un simile passo di sviluppo, scandito dall’appiattimento degli utili societari e dal continuo precipitare del settore immobiliare, l’America non può sciogliere il nodo-disoccupati (al 9,5% in luglio, oggi il temuto dato di agosto). E considerato che uno degli obiettivi-chiave della Fed è la piena occupazione (l’altro è la stabilità monetaria), il problema rischia di rendere fallimentare la gestione Bernanke.
Certo Eurolandia non è un Eden occupazionale. E Trichet non lo nasconde, indicando però la chiave capace di riaprire le porte del mercato del lavoro. «I disoccupati sono aumentati in tutta l’Eurozona dall’inizio della crisi con la sola eccezione di Germania e Austria, dove invece sono diminuiti. Le ragioni sono diverse ma, e questa non è una sorpresa per me, questi due Paesi hanno mostrato una moderazione salariale esemplare». Altrettanto eccellente è la spinta ricevuta dall’economia tedesca (il cui peso all’interno dei Sedici è pari al 30% del Pil) nel secondo trimestre, in base alle statistiche rese note ieri da Eurostat: un +2,2% rispetto ai tre mesi precedenti da confrontare al +1% dell’intera area (+0,4% l’Italia), che rappresenta comunque un risultato migliore rispetto agli Usa (+0,4%) e al Giappone (+0,1%). «Anche in caso di rallentamento della domanda internazionale - spiega Marco Valli, economista di Unicredit - la ripresa tedesca è destinata a non deragliare: gli investimenti sono aumentati, soprattutto quelli legati all’export, e anche i consumi interni si stanno riprendendo».
Restano invece sul tavolo di Trichet le criticità legate al debito sovrano dei Paesi periferici come Irlanda, Grecia e Portogallo, che continuano a pagare premi di rendimento altissimi. «Quei Paesi che devono ancora prendere misure aggiuntive per raggiungere i target previsti, devono farlo il più velocemente possibile», è l’invito preoccupato del numero uno della Bce, ben più tranquillo sul fronte dei prezzi.

I radar della Bce non segnalano infatti grossi pericoli, con stime di un +1,6% nel 2010 e +1,7% nel 2011. Stime che spingono Trichet a dirsi «enormemente soddisfatto» per la linea tenuta nel contrastare quei rischi di deflazione che oggi non permettono a Bernanke di dormire sereno.

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