Bersani «governativo» stritolato da Vendola e Casini

RomaVendola e Casini si litigano i favori del Pd, tirandosi i piatti sopra la testa di Bersani. «Bravo Pier Luigi», blandisce il leader dell’Udc, «scegliendo di appoggiare Monti ha evitato che l’alleanza di Vasto vincesse alle elezioni». Un complimento a doppio taglio, che rigira il coltello nella piaga del segretario Pd: poteva fare il candidato premier e (Casini dixit) pure vincere le elezioni anticipate, e invece si ritrova a sostenere dall’esterno un governo «lacrime e sangue», con alleati che si vergogna persino di incontrare alla luce del sole. Ma tant’è.
Vendola comunque si irrita: «Avevo capito che il governo di emergenza serviva ad affrontare l’aggressione speculativa e non a strappare la foto di Vasto o peggio ancora a impedire l’esercizio della democrazia», ribatte. E avverte Bersani: «Io la foto di Vasto me la tengo stretta e cara, perché ha dato speranza al popolo italiano». Nella foto citata, e così rincuorante a sentire Vendola per le genti italiche, c’era pure Di Pietro. Che non manca di dire la sua: «Il Pd, quando sarà il momento, dovrà scegliere con chi stare», se con la maggioranza «che da istituzionale sta diventando politica» a sostegno di Monti, ossia con Pdl e Udc, oppure con la sinistra, in cui il nostro si annovera.
Se nella foto di Vasto, scattata a settembre, Bersani non aveva un’espressione proprio entusiasta (ma allora le elezioni anticipate sembravano dietro l’angolo, e la prospettiva di un centrosinistra vittorioso compensava la compagnia), una foto di gruppo con Alfano e Cesa lo fa - comprensibilmente - inorridire. Ora però il Pd si ritrova insieme agli ultimi due, a sostenere un governo che, secondo il sindaco democrat di Bari, Michele Emiliano, «Napolitano ha dovuto inventarsi perchè il Pd non era pronto» a guidare il Paese. E da una parte ha Casini, che punta sul governo Monti come grimaldello per la scomposizione di destra e sinistra, di qui a fine legislatura, e sul proprio ruolo di polo d’attrazione per entrambi; e dall’altra i due alleati di Vasto che già si preparano a capitalizzare il malessere e il dissenso sociale contro i tagli del governo Monti e ad intercettare i consensi del Pd in fuga da sinistra. Sia Vendola che Di Pietro, infatti, hanno dato un vago appoggio alla nascita dell’esecutivo tecnico, ma si tengono le mani ben libere rispetto alle misure che varerà. Il leader di Sel promette battaglia se Monti esprimerà «un mero continuismo rispetto alle politiche economiche di Berlusconi» e avverte il Pd che andando dietro a Casini rischia di finire «nell’abbraccio della morte col Pdl»; mentre Di Pietro non perde occasione per sottolineare che lui sta fuori da ogni «spartizione e lottizzazione», a differenza del Pd che si siede a tavola con il partito di Berlusconi.
Resta la consolazione dei sondaggi. Che indicano il Pd, sulla carta, come il primo partito italiano: l’ultimo, sfornato ieri dal Sole24Ore, lo dà ben oltre la soglia psicologica del 30%, e ormai vicino al picco di consensi elettorali ottenuti da Veltroni nel 2008: 32,7%, con un Pdl ai minimi storici del 21,8%.

I bersaniani esultano: «Siamo sulla strada giusta, vengono premiati il senso di responsabilità e l’aver messo l’Italia prima di tutto», dice il responsabile comunicazione Stefano Di Traglia. Resta da vedere se di qui a fine legislatura quei sondaggi reggeranno.

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