Quando Fabio Fazio gli chiede il nome del «papa straniero» di cui avrebbe bisogno il suo partito, lui risponde con una battuta: «Speriamo che non si liberi Obama. Lo spero per gli Stati Uniti». Ci prova il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, ospite ieri alla trasmissione Che tempo che fa, a sdrammatizzare la bagarre democratica sulla poltrona da candidato premier. Cerca di buttarla in ridere e, galvanizzato dalle giornate lombarde di assemblea del partito, rilancia ipotizzando elezioni anticipate. «Credo che ci sia una buona probabilità che si vada a votare a primavera. Il deterioramento dellassetto politico di questa maggioranza è evidente», dice ribadendo la necessità di un governo di transizione per riformare la legge elettorale e concentrando tutta la sua preoccupazione per questa fase politica in una frase: «Ma chi, in una democrazia potrebbe dire ghe pensi mi?». Non lui e infatti tocca allearsi. In caso di voto, Bersani è deciso ad aprire allUdc: «Immagino la formazione di un nuovo Ulivo con forze di centrosinistra che vogliono determinare una colazione di governo, lancerò una proposta a tutte le forze di opposizioni che oggi raccolgono anche quelli che si chiamano Udc». Peccato che poi subito riapra il fronte di guerriglia, annunciando che del nuovo Ulivo farà parte anche Nichi Vendola.
Il piglio è combattivo, un monito quasi ai suoi per non ripetere gli errori del passato (e del presente): «Se noi restiamo qui a pettinare le bambole, veniamo meno a un impegno storico». Anche perché «Berlusconi è un osso duro - ammette -. Quando abbiamo detto che era una macchietta lo abbiamo sottovalutato. Io sono per guardare tutti i nostri limiti e correggerli, ma non sono per lautolesionismo».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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