Marzia Paolucci
da Roma
Chi sta dalla parte degli avvocati? Con il decreto Bersani ormai alle spalle, la sensazione è che tra girandole di auto e camici bianchi, quelli rimasti indietro siano stati proprio loro: hanno scioperato a luglio e ora a legge approvata senza di loro, tornano in piazza dal 18 al 23 settembre in una sei giorni di astensione dalle udienze. A spiegarne le ragioni, la voce instancabile di una votata alla causa come Michelina Grillo, presidente dellOua - Organismo unitario dellAvvocatura italiana, civilista bolognese con 25 anni di professione.
È lo sciopero dei delusi il vostro?
«Direi di sì visto che né Prodi, né Bersani e né Mastella ci hanno ricevuto. Unattenzione enorme prima delle elezioni e poi? Troppo facile corteggiare prima e dopo pensare che non ci si accorga del voltafaccia. E allora torniamo in piazza, con serenità e nonostante gli attacchi arbitrari di magistrati e associazioni dei consumatori che, guarda caso, hanno appoggiato subito il decreto Bersani in previsione del disegno appena presentato dal governo sulle class action, azioni collettive risarcitorie a tutela dei consumatori previste dallintervento estivo sulle liberalizzazioni».
Cosa chiedete al governo?
«Un decreto che sospenda lefficacia dellarticolo 2 che non riconosce la nostra specificità e la restituzione in Finanziaria di quelle risorse economiche sottratte alla giustizia dallarticolo 21. La riforma Bersani viola molte norme della Costituzione mettendo a rischio il diritto di difesa e lo svolgimento della giurisdizione. Né le tariffe, né la pubblicità, né le società sono il vero problema quanto piuttosto lassenza di criteri di garanzia che il Bersani avrebbe dovuto prevedere e che noi invece rivendichiamo. Solo un esempio: come si fa a pubblicizzare specializzazioni di cui manca ancora un sistema? Per non parlare della pubblicizzazione dei prezzi che in assenza di tariffe, diventa solo un modo per accaparrarsi clientela. Una specie di 3x2 del supermercato. Sulle società avevamo poi chiesto lesclusione dei soci di capitale non professionisti per non cadere vittime di interessi più grandi dei nostri e di fatto larticolo non li include. Ma cè da dire che neppure li esclude».
Cosa è cambiato per voi rispetto a due mesi fa?
«La critica al Bersani è sempre la stessa, anzi per certi versi è addirittura peggiorata vista anche linclusione in sede di conversione, dellobbligo, a pena di nullità, di patti scritti con i clienti per stabilire i compensi professionali. Viceversa quello che doveva cambiare è rimasto inalterato come il taglio alle spese di giustizia».
Perché non vi ha ascoltato nessuno?
«È una domanda che mi faccio anchio e sinceramente non trovo spiegazioni logiche verso questo atteggiamento. A cominciare da Mastella e Di Pietro che prima votano la fiducia al decreto e poi si lamentano che alla giustizia mancano i fondi.
Forse non conoscevano la reale portata dei tagli affilati del Bersani: 50 milioni di euro in meno nel 2006, 100 nel 2007 e 200 a decorrere dal 2008?».
Che ne pensa dellanalisi critica di chi come Fabio Roia, membro del Csm, pensa sia arrivato il momento di una costituente per la giustizia?
«Non è certo unidea nuova, sono anni che noi avvocati landiamo ripetendo. Lultima risale a 15 anni fa e ora mi farebbe piacere che il ministro Mastella la proponesse riappropriandosi di quella titolarità di ministero a tratti scippata da altri, da Bersani sulle professioni a Di Pietro sullindulto... Penso a una tre giorni partecipata da politici, avvocati, magistrati e professori universitari; un modo per dare risultati preceduta necessariamente da una condivisa ricognizione di dati in termini di personale, strutture, contenzioso in ognuno dei nostri 26 distretti di corte dappello. Sarebbe la prima iniziativa forte assunta dalla gestione Mastella».
Se quelle del Bersani sono state «finte liberalizzazioni», quali sarebbero potute essere le vere?
«Per me queste sono solo misure di facciata che aggravano lesistente.
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