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Bersani, ultima figuraccia: sprecati 25 milioni di euro

RomaLa cifra – se confermata, e voci ufficiose dal partito la confermano - fa una certa impressione: 24 milioni e 852mila euro. Investiti in un solo anno, il 2009, alla voce «propaganda e comunicazione». Dal Pd.
Ventiquattro - anzi, quasi venticinque - milioni non sono pochi. Certo (fa notare il quotidiano online Lettera 43, che ieri dava la notizia), nel 2009 ci sono state le elezioni europee, nonchè il congresso con tutto l’ambaradam delle primarie tra Bersani, Franceschini e Marino. Ma nel 2008 c’erano state elezioni politiche ben più impegnative, quelle che avevano visto la sfida di Walter Veltroni e Silvio Berlusconi, eppure in propaganda e comunicazione si era spesa la metà esatta.
Resta da vedere quanto si è speso nel 2010. Il problema, fa notare qualcuno, non sono comunque tanto i soldi investiti, quanto i risultati raggiunti. Si prenda l’ultimo caso, quello dei dieci milioni di firme raccolte per «mandare a casa Berlusconi», e consegnate pubblicamente ieri a Palazzo Chigi da Rosi Bindi. Comunque si giudichi la campagna, politicamente legittima, il risultato di immagine non è stato esaltante, e si è risolto in un gran pasticcio in cui tutti davano i numeri (anche ieri non si è capito se le firme recapitate durante la manifestazione conclusiva della campagna fossero uno o due milioni, né dove fossero finiti gli altri otto o nove) e le uniche sottoscrizioni di cui si è avuta notizia dai giornali erano quelle di Pippo, Pluto e Paperino. Anzi no, Paperino no, e Bersani nella sua ultima intervista se ne è scherzosamente lamentato.
Peraltro, come sempre avviene nel pavloviano Pd, lo scivolone propagandistico del segretario è diventato immediatamente un’arma in più nella guerra interna, che punta a scalzare Bersani prima che rivendichi la candidatura a premier alle prossime politiche. Qualche voce isolata comincia già a intonare l’eterno richiamo della foresta: «Ci vuole un nuovo congresso»: come se non si fosse fatto altro, negli ultimi anni, che fare congressi e decapitare segretari. L’offensiva per ora è contenuta: «Prima delle amministrative difficilmente si apriranno rese dei conti vere», assicurano i veltroniani. Ma la contestazione alla linea (tutta da buttare, in sintesi) è aperta. I risultati del Pd alle amministrative potranno influire sulla battaglia interna, anche se nelle città in lizza non si prevedono grandi sorprese. A parte il clamoroso caso Napoli. Che peraltro, secondo gli uomini del segretario, è già comunque un caso disperato, grazie all’eredità Iervolino. Ora però il Pd deve uscire dal pantano delle primarie annullate, del candidato non ancora annunciato e del conflitto con Di Pietro e il «suo» candidato De Magistris. Si vocifera di un possibile sostegno al nome del Terzo Polo, il barone universitario Pasquino, ma il luogotenente bersaniano Andrea Orlando smentisce: «Non esiste». Il candidato in sospeso è ancora il prefetto Morcone, nonostante l’attacco a colpi di verbali mossogli dai sostenitori di De Magistris, Il Fatto in testa. Il Pd spera di strappare l’appoggio di Sinistra e Libertà sul suo nome, e di riuscire ad arrivare quindi al ballottaggio.

Sinistra e Libertà è divisa, e oggi dovrebbe prendere una decisione tra le due linee al suo interno: quella che ricorda che l’accordo con il Pd era già stato sottoscritto (tanto che un candidato di Sel ha partecipato alle primarie poi annullate) e dunque va mantenuto, tanto più che «Morcone è un’ottima persona e con lui il risultato sarebbe aperto», dice Gennaro Migliore. E quella che invece punta su quella sinistra che si sta già raccogliendo attorno a De Magistris. Lasciando il Pd al suo destino.

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