Politica

Bertinotti ci scrive: «Io all’estero? Ma quale gita, così fan tutti»

Bertinotti ci scrive: «Io all’estero? Ma quale gita, così fan tutti»

Egregio direttore,

vedo che ora anche i viaggi istituzionali in Paesi con i quali l’Italia intrattiene importanti rapporti sono oggetto di contestazione. Vorrei solo rammentare che, non solo i miei predecessori, come il suo giornale correttamente scrive, ma pressoché tutti gli omologhi degli altri Paesi, compiono questo tipo di viaggi e di incontri. La Camera dei deputati ha ospitato, solo per fare qualche caso recente, i Presidenti dei Parlamenti e i loro rappresentanti della Germania, della Russia, dell’Egitto, dell’Iran, del Cile, del Ghana, della Turchia, della Slovenia, ecc...
Tra non molto riceverò la Presidente del Parlamento, il Congresso, degli Stati Uniti d’America. Confido che non mi si chieda di inalberare il «yankee goes home» per respingere la signora Pelosi. Evidentemente gli altri Paesi considerano, pressoché tutti, le relazioni parlamentari internazionali un compito istituzionale utile e necessario. Non credo che l’Italia debba fare eccezione, rifiutando la reciprocità degli scambi e chiudendosi in un anacronistico provincialismo. Questi viaggi servono, inoltre, per mettere in rapporto i rappresentanti del popolo italiano con la presenza dell’Italia in quei Paesi e a valorizzarla con un riconoscimento che risulta sempre molto gradito ed apprezzato.
Scrivo dal Perù. Se a Lima viene dedicata una via a Garibaldi e viene inaugurato un murales dedicato a due italiani illustri (Garibaldi e Raimondi), alla presenza del Presidente del Congresso peruviano, la nostra presenza non può non essere considerata come un riconoscimento alla Comunità italiana in Perù e un atto di amicizia con questo Paese. Nello stesso giorno, come per altro accade visitando tutti gli altri Paesi, è stato possibile portare il segno della solidarietà delle istituzioni repubblicane al lavoro di compatrioti impegnati nella cooperazione internazionale nei confronti di realtà drammatiche di povertà e di inaudite sofferenze. Bisognerebbe avere in mente quanto valga, in queste condizioni, la speranza, per capire come sia un dovere delle istituzioni democratiche aumentarla.
Ho visitato la realtà dello Huaycan, un sobborgo di Lima dove gente senza casa, senza terra e senza lavoro è fuggita dalla violenza politica, e dove una nostra Ong, l’Aspem, aiuta donne e bambini privati di tutto a inventarsi, nel deserto, un tetto. Ho partecipato all’inaugurazione, nella stessa terra, di gente disperata senza diritti, di una casa di cura olistica, costata alle missionarie e ai missionari dieci anni di lavoro. Ho salutato, all’Hogar San Camillo di Lima, religiosi e laici, italiani e peruviani, che ospitano donne e bambini sieropositivi e malati di Aids con i quali costruiscono, ogni giorno, i percorsi di una nuova possibile vita, curando la malattia anche con grandi dosi di umanità. Chieda, se vuole, direttore, ai cooperatori dell’Aspem, a Suor Goretta, a Padre Gaspare cosa ha significato, per il loro lavoro, la presenza del Presidente della Camera. Per parte mia sono disposto, in nome della gratitudine di queste persone e della comunità con la quale operano, ad accettare qualche critica di qualche giornale italiano.
Il Sudamerica è stato oggetto, in questi due anni di Presidenza, di due viaggi. Il primo in Cile, Brasile, Uruguay e Argentina; il secondo in Bolivia, Perù, Ecuador e Venezuela. Come si vede, due aree omogenee, ognuna caratterizzata al suo interno da grandi problemi comuni, ognuna legata da forti vincoli con il nostro Paese, vincoli di immigrazione, di cultura, di civiltà, di cooperazione. Le differenze politiche dei governi sono così note a tutti da rendere impresentabile l’accusa di aver scelto governi «amici». È vero invece che si è voluto così dare un contributo, se pure modesto, alla scelta, su cui è impegnata tutta la politica estera del Paese, ad una maggiore attenzione dell’Italia nei confronti dell’America latina, anche per concorrere ad un nuovo rapporto tra l’Europa e l’America del sud. Proprio in questi giorni mi è capitato di ascoltare dal Presidente del Perù, Alan Garcia, una critica cortese ma severa ad una assenza dell’Europa nel continente e l’invito a realizzare un cambiamento di rotta già a partire dal prossimo vertice tra l’Europa e il Sudamerica che si svolgerà a maggio a Lima. Infine, la diplomazia parlamentare. Tutti i principali Paesi del mondo, io credo giustamente, stanno potenziando questo tipo di relazioni. I governi hanno la titolarità della politica estera e delle relazioni economiche e commerciali. Ma in un mondo sempre più fatto di interdipendenze e nel quale i problemi economici e statuali si intrecciano con questioni riguardanti la cultura, la conoscenza, i rapporti di civiltà, un lavoro di semina, di fertilizzazione, come quello della diplomazia parlamentare, si rivela sempre più utile e penso indispensabile. L’apprezzamento e l’accoglienza dei Paesi che ci ospitano in questi giorni di lavoro, lo confermano ogni volta e ci incoraggiano a proseguirlo con impegno e convinzione profonda.
P.S.
I giornalisti che usufruiscono del volo di Stato si pagano il viaggio.

L’unica visita privata è avvenuta per tutti, a proprie spese, non con volo di Stato e in giornate non lavorative.
* Presidente della Camera

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