Roma - Dovrebbe essere il partito fratello, l’altra metà del Pd prossimo venturo. Invece niente, solo tanta freddezza. Anzi, per tutta la giornata l’unico dei Dl a prendere la parola, Roberto Manzione, lo fa per difendere non la Quercia ma Clementina Forleo. Solo in serata Gianclaudio Bressa, vicepresidente dell’Ulivo alla Camera, spezza il silenzio: «Un uso improprio e spregiudicato di qualche telefonata, che non costituisce reato, non può minare la credibilità di D’Alema né frenare il percorso del Partito democratico, anche se, sicuramente, a qualcuno piacerebbe». Secondo Fausto Bertinotti «alla luce di quello che si vede non mi pare che si possa parlare di questione morale, certo c’è qualche distorsione del funzionamento del sistema come quello che riguarda le intercettazioni e la loro pubblicità». Per il presidente della Camera «esiste un problema che va affrontato in termini nuovi perché nuova è la storia del paese tra la politica e l’economia per costruire e difendere l’autonomia della politica».
Manzione però tiene il punto: «Riscontro con soddisfazione la retromarcia di tutti quelli che hanno contestato la decisione del gip. Il tribunale di Milano ha trattato il senatore Latorre come quello di Roma aveva trattato il senatore Guzzanti». Cioè applicando la legge, perché «nel momento in cui si fissa la camera di consiglio e si consente il contraddittorio delle parti, le intercettazioni vengono di fatto portate a conoscenza dei difensori». Quindi, se «la norma è scritta male» è inutile prendersela «con la magistratura».
Chissà, magari ha ragione Francesco Cossiga, secondo il quale sotto i verbali c’è «un’ingiusta e crudele guerra di veleni che la Margherita sta combattendo contro i Ds». Ma se il sospetto dell’ex presidente è giusto, probabilmente va allargato a tutta l’area centrista della maggioranza. Basta sentire come si smarca Clemente Mastella: «Prima la riforma della giustizia, poi la legge sulle intercettazioni». Per il governo, sostiene il Guardasigilli, ritoccare l’ordinamento giudiziario «è prioritario»: agli atti c’è pure la lettera ufficiale che Giorgio Napolitano ha scritto a Marini e Bertinotti perché mettano quanto prima l’argomento all’ordine del giorno.
Quanto alla diffusione dei verbali, prosegue il ministro, «se ne può discutere successivamente o magari in una fase di ristagno dei lavori parlamentari». Anche Italia dei valori prende le distanze. «Il problema non è la pubblicazione delle intercettazioni - sostiene Antonio Di Pietro - ma la commistione tra politica e affari. La legge? Non facciamo pasticci all’italiana». «I fatti di cui parliamo - aggiunge Massimo Donadi, capogruppo Idv alla Camera - saranno pure penalmente irrilevanti. Siamo certi che D’Alema o altri non abbiano violato la legge, però resta il fatto che la continuità con la lega delle cooperative non è una cosa sana». Persino il capogruppo verde Angelo Bonelli chiede «massima trasparenza e una seria riflessione, perché la politica non può tifare per questa o quella operazione finanziaria».
Così per i Ds la vera insidia stavolta non sembra arrivare dalla Cdl. «Non sono cose limpide - afferma Sandro Bondi - però non useremo mai frammenti e scampoli di intercettazioni contro i leader del centrosinistra». Ad An invece non piace la nota di difesa della Quercia, che parla di «stato di diritto inedebolito». «Da quelle telefonate - dice Gianfranco Fini - emerge ciò che già era noto, cioè il rapporto stretto tra vertici Ds e Unipol.
Nessuno ipotizza comportamenti penalmente rilevanti, è solo la fotografia di uno stato di fatto». Per Altero Matteoli «è inaccettabile sostenere che dai verbali risulti evidente l’assoluta assenza di rilievo politico» visto che «fin dal 2005 i ds tifavano perché la scalata a Bnl andasse in porto».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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