Bertinotti: "La sinistra è morta ma non se n'è neanche accorta"

Alla festa democratica di Genova l’ex leader Prc: "Un tempo c’erano i riformisti e i radicali, ora non è rimasto nulla. Il Pd non è la soluzione, è il problema"

Bertinotti: "La sinistra è morta  
ma non se n'è neanche accorta"

Genova - I ministri non ci sono, hanno deciso di non venire alla Festa Nazionale del Pd di Genova per la battuta del capo degli organizzatori Lino Paganelli su Berlusconi: «Non l’abbiamo invitato perché questa è una festa e non un festino». Gianfranco Fini, è venuto ed è andato via in un tripudio di applausi, sembrava un leader della sinistra.

E allora, l’Oppositore, il capo dei duri alla Festa, tocca farlo a Fausto Bertinotti. Confinato dall’organizzazione non sul palco dei big, ma in un angolino della libreria, dove le sedie sono poche decine, ma la gente si accalca fra una copia di Papi, una di Noi e una botta di caldo torrido. L’appuntamento della Loggia dei Banchi è quanto di più periferico ci sia a disposizione: la presentazione del libro di Fausto Devi augurarti che la strada sia lunga, in compagnia di Rina Gagliardi, amica e giornalista di fiducia.

In effetti, anche l’inizio del discorso è periferico: la rivoluzione russa, gli errori storici del comunismo, Praga, il Sessantotto. Fausto arrota le erre e, da maestro di affabulazione, parte da lontano. Eppure, la strada per arrivare alla politica italiana di oggi è più breve del titolo del libro: «Fino a poco tempo fa, avevamo due sinistre, una riformista e moderata e una alternativa. Oggi, non ne abbiamo più nemmeno una e dobbiamo ricostruirla. Senza questo passaggio, qualsiasi discorso non ha senso».

Proprio così. La critica dell’ex presidente della Camera è sì sul passato, ma avvolge già anche il futuro: «Mettiamo pure che, a un certo punto della nostra storia politica d’Italia non ci sia più Berlusconi. Ma se manca Berlusconi, che succede? Rifacciamo il centrosinistra? Non servirebbe a nulla, riproporremmo una situazione che non porta in alcun modo a riforme vere. Prima occorre ricostruire una sinistra, poi si può pensare a governare».
Già così, si capisce perché la strada evocata da Bertinotti nel titolo del libro è lunga. Ma le bordate più pesanti devono ancora arrivare. E il fatto che arrivino da un microfono su un palchetto di fortuna sotto le bandiere del Partito Democratico è ancor più significativo: «Il Pd - spiega Fausto - non è la soluzione del problema. Il Pd è il problema». Basta? Non basta: «Occorre che tutti si mettano in discussione: io ho perso, ho perso, e lo riconosco. I compagni del Pd dovrebbero riconoscerlo anche loro».

Bertinotti è un caterpillar verbale che abbatte tutto, senza ipocrisie, senza mascherarsi, senza risparmiare nulla e nessuno: «La cosa drammatica è che la crisi della sinistra, delle due sinistre che ora non sono neppure una, avviene nel momento in cui, da un lato, la crisi del capitalismo finanziario globalizzato dimostra come tutto quello che è stato detto dagli economisti di destra viene confutato. E dall’altro lato, ci sono elementi offensivi per qualsiasi coscienza democratica: dal caso immigrazione alla dittatura mass-mediatica. Eppure, nel momento in cui dovrebbe essere più forte, la sinistra non c’è».

Il viaggio bertinottiano al termine della storia della sinistra italiana è lungo, è storico. E va dall’ammissione della superiorità del modello europeo e occidentale del dopoguerra («Non ci piaceva, l’abbiamo combattuto in ogni modo, ma è quello che ha creato il miglior sistema di conquiste sociali di sempre») alle quattro grandi occasioni perse: la Primavera di Praga non capìta, il Sessantotto non colto, il periodo fra la fine della prima Repubblica e l’inizio della seconda non capitalizzato in termini di conquiste sociali, e i governi di centrosinistra, le due vittorie elettorali di Prodi: «Non siamo riusciti a fare una cosa, una sola, di quelle per cui ci hanno mandato al governo».

Su, su fino alla conclusione. Una percentuale.

«Il sessantacinque per cento degli operai del Nord vota Berlusconi o Lega. Di fronte a questo dato, di cosa vogliamo parlare? Quando vogliamo ricominciare la discussione?».
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