Bertinotti torna all’attacco «Ora aumentiamo i salari»

«Il costo del lavoro in Italia è più basso che in Germania e in Francia, quindi non blocca la competitività»

da Roma

Musica per le orecchie di Fausto Bertinotti quel passaggio del rapporto Istat in cui si dice: il costo del lavoro per dipendente è, in Italia, inferiore di 9mila euro l’anno a quello medio francese e di 14mila a quello sopportato dalle imprese tedesche. Sono dati che il presidente della Camera definisce di «straordinaria importanza politica».
Le imprese italiane, aggiunge, «non hanno impedimenti alla competitività che derivino dal costo del lavoro, anzi la competitività è stata fin qui realizzata - precisa Bertinotti - premendo sul costo del lavoro, nettissimamente inferiore rispetto a quello di Francia e Germania». È giunto il momento, conclude l’ex sindacalista oggi presidente della Camera, di «valorizzare il lavoro anche dal punto di vista delle retribuzioni».
Le imprese italiane sanno che il problema non è il costo del lavoro in assoluto, ma quello per unità di prodotto, che aumenta in misura maggiore rispetto ai concorrenti. Ed è questo uno dei motivi che rendono sempre più lunghi e defatiganti i negoziati per i rinnovi contrattuali. Tanto che l’accumulo di ritardi e di aspettative dei lavoratori rischia, come dice lo stesso rapporto Istat, di costituire una miscela potenzialmente esplosiva per l’inflazione.
Ma è anche vero che lunghi rapporti come quelli dell’Istituto di statistica (o della Banca d’Italia, della Confindustria, e così via) hanno una caratteristica comune: quella di prestarsi a interpretazioni politiche di comodo. Solo così si può spiegare la dichiarazione del senatore Ds Gianfranco Morgando che parla di «un’analisi (quella dell’Istat, ndr) coerente con quella fatta dal centrosinistra in campagna elettorale, e confermata da Romano Prodi in Parlamento».
Ancora più singolare, il silenzio dei segretari di Cgil e Cisl su dati Istat che avrebbero dovuto rappresentare un assist formidabile per i sindacalisti. Guglielmo Epifani, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti, tutti presenti alla relazione del presidente dell’Istat Luigi Biggeri a Montecitorio, hanno avuto un lungo incontro, un’ora circa, con l’ex collega Bertinotti nello studio privato del presidente della Camera. Ma il solo Angeletti - che non a caso guida l’unica confederazione, la Uil, apertamente favorevole a consistenti aumenti salariali - ha seguito il sentiero aperto da Bertinotti, ricordando che «non sono di certo i salari a rappresentare il problema di competitività delle imprese». Per il segretario della Uil, anzi, il taglio del cuneo fiscale «deve essere rivolto ai lavoratori, perché le famiglie possano recuperare potere d’acquisto».


Alla fine, conclude l’ex sottosegretario al Welfare Maurizio Sacconi, la promessa di un taglio indifferenziato del cuneo fiscale «già si evidenzia come inattuabile. Impediremo comunque - assicura l’esponente di Forza Italia - che l’eventuale taglio selettivo si rivolga tutto alle grandi imprese indebitate, aumentando le aliquote per gli autonomi».

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