Esistono due luoghi comuni, ormai inestirpabili, fioriti nel giardino delle edizioni Adelphi. Il primo: «Le copertine sono molto raffinate». Il secondo: «Limportante è non dire mai che si tratta di una riedizione».
Non dire mai che si tratta di una riedizione in fondo è poco più che un vezzo, un po come le belle signore - alle quali si perdona tutto - che si dimenticano uno o due anni sulla carta di identità. Nulla di illegale né di immorale. Umane debolezze, curiosità editoriali.
Particolarmente interessanti, però, se a rubare sulletà è il libro del momento, il caso letterario dellestate, la rivelazione 2009. Ossia Zia Mame, un romanzo divertentissimo, folle, surreale e «fuori tempo», prima rifiutato da 19 editori e poi uscito negli Stati Uniti nel 1955 con un successo straordinario: vendette di botto due milioni di copie, rimase per due anni nella classifica dei dieci titoli più venduti pubblicata dal New York Times, ispirò una commedia culto interpretata da Rosalind (Rozz) Russell, il più costoso non-musical mai prodotto a Broadway ma anche uno dei dieci maggiori incassi di tutti i tempi. Lautore del romanzo è Patrick Dennis, nome darte dello scrittore Edward Everett Tanner III, nato nellIllinois nel 1921 e morto nel 1976, personaggio la cui vita e carriera «avventurosa» contribuirono non poco a trasformare in leggenda il suo libro (il quale, per inciso, racconta la «formazione» di un ragazzino di undici anni, dallAmerica degli anni Venti a quella degli anni Cinquanta, rimasto orfano e allevato dalleccentrica e irresistibile zia Mame in un lungo foxtrot di avventure, party, amori, fortune e disgrazie...).
Bene. Leditore Adelphi lo ha (ri)pubblicato un paio di mesi fa, (ri)tradotto e curato dal «numero due» di casa-Calasso, Matteo Codignola (autore anche di una puntuale e informatissima postfazione sullautore americano e le vicende camp del libro, diventato presto unicona gay). Comunque, in poche settimane Zia Mame è diventato il libro del momento, recensito, osannato, vendutissimo: lenzuolata di Pietro Citati su Repubblica, passante su Tuttolibri di Masolino DAmico, paginone sul Corriere della sera con pezzo di Giorgio Montefoschi e intervista a Roberto Calasso... il quale, mentre il libro schizzava in cima alle classifiche, rifletteva sulla «stranezza» di un caso editoriale vecchio di 50 anni e fuori dai «canoni del Blockbuster». Insomma, una vera scoperta Adelphi. Un bestseller, ma dalla copertina molto raffinata.
Limportante però è non dire mai che si tratta di una riedizione. Il libro in due mesi è stato recensito da tutta la stampa italiana - e anche da parecchi siti e blog letterari - ma nessuno si è accorto e/o detto che Zia Mame fu pubblicato (per altro con grandissimo successo, come ricorda nonna Mascheroni in Garavaglia, la quale spero - magari tardi - mi lascerà in eredità la sua copia) da Bompiani nel 1956. Su e-bay si trova una copia del libro - il titolo era La zia Mame - e su maremagnum ne vendono due. Il romanzo, la cui traduzione era firmata dal leggendario Henry Furst e da Orsola Nemi (pseudonimo di Flora Vezzani, poetessa, scrittrice e grandissima traduttrice scomparsa nel 1985), venne ristampato più volte fino al 66, prima di passare a Garzanti che lo ripropose nel 74 con la stessa traduzione. Mentre Bompiani, forte del successo della «prima parte», nel 60 pubblicò anche il seguito (Intorno al mondo con Zia Mame, traduzione di Orsola Nemi e Henry Furst). Titolo della cui prossima (ri)pubblicazione da parte di Adelphi non dubitiamo.
Lo ripetiamo: il libro è splendido, e lintelligenza da parte di Adelphi nel ripescarlo è indubbia. Unoperazione editoriale e insieme culturale di rilievo. Però, ci chiediamo, perché non dire che si tratta di una ripubblicazione? In quarta di copertina, o in una nota al libro, o nella postfazione, perché non citare, oltre alledizione originale americana, anche la prima traduzione italiana? Si tratta di uninformazione utile - crediamo - per il lettore.
Quello di «tacere» sui precedenti di un libro è un malcostume editoriale di cui Zia Mame rappresenta solo il caso più eclatante, non certo lunico, e non certo solo da parte di Adelphi.
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