Cultura e Spettacoli

Bianca, lavandaia coraggiosa

Paolo Scotti

da Roma

Questo personaggio ricorderà a qualcuno (non a molti) Anna Magnani. A qualcun altro (forse ancora meno) Francesca Bertini. Ma a parte le due grandi attrici che l’interpretarono sullo schermo, rispettivamente nel 1915 e nel 1947, non si può dire che Assunta Spina - infuocata e tumultuosa lavandaia napoletana protagonista dell’omonimo dramma di Salvatore Di Giacomo - goda ancora oggi della notorietà che aveva all’epoca dei nostri nonni. Coi toni carichi che più tardi saranno della sceneggiata napoletana, il melodrammone dell’impetuosa popolana combattuta fra l’amore per l’uomo che l’ha sfregiata e quello per il marinaio cui è fidanzata, appassionava ormai quasi un secolo fa. Titanus e Rai, però, non temono che questa storiona trasformata in fiction possa apparire un po’ polverosa. Al contrario.
«Quando la Titanus di Guido Lombardo, che produsse quei due vecchi film, mi propose il soggetto di Assunta Spina, temetti anch’io che potesse risultare datato - ammette Agostino Saccà, di Raifiction -. E in effetti il rischio c’era. Non per il testo, che al contrario, raccontando d’una donna analfabeta ma libera, si proponeva come attualissimo. Il rischio stava, semmai, nel napoletanismo che circonda come luogo comune quest’opera». Svecchiare e ammodernare, dunque. Questo l’obiettivo dell’Assunta Spina che - diretta da Riccardo Milani e interpretata, nel ruolo che fu della Bertini e della Magnani, da Bianca Guaccero - andrà in onda domenica e lunedì su Raiuno. Ma svecchiare come? «Con una libera rilettura del dramma originale, oltretutto troppo breve per le due serate della fiction - spiega la sceneggiatrice Patrizia Carrano -. Mi sono infatti resa conto che l’amore di Assunta per la libertà anticipa certi temi del femminismo sulla dignità della donna. Così, su questa linea, ho inserito nella storia il personaggio (autentico, ma assente dall’originale) di Matilde Serao, la scrittrice che diresse il quotidiano napoletano Il Mattino, e che qui diventa amica di Assunta, guidandola nel suo processo di crescita. Al punto che anche il finale, in origine drammatico, subisce un cambiamento».
Da melodrama popolare, dunque, a «romanzo di formazione». Ma fare della temperamentosa lavandaia una proto-femminista, non suonerà un po’ azzardato? «Al contrario: evidenzia che l’inquietudine di Assunta, testarda nel difendere la propria dignità nonostante i condizionamenti dell’epoca, è molto vicina a quella delle donne d’oggi», spiega Milani. Interpretato anche da Michele Placido e da Lina Sastri, coprodotto dalla Titanus (che per la Rai varerà anche un Michelangelo e Rebecca, la prima moglie) Assunta Spina offre a Saccà il destro per commentare l’abitudine Mediaset di mandare le proprie fiction contro quelle Rai. «Un gioco che non conviene a nessuno.

Lo dimostrano le prime puntate del nostro Petrosino e del loro Distretto, che senza avere contro altre fiction hanno fatto ottimi ascolti; mentre le seconde, controprogrammate con L’onore e il rispetto e Falcone, hanno perduto entrambe punti».

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