Onorevole Maurizio Bianconi, si parla di governo tecnico per cambiare la legge elettorale
«Ah no, la fermo subito. Sarebbe un obbrobrio, un scempio istituzionale. Giuridico e politico».
Addirittura? Ma Bocchino ha detto che ci sarebbe già una maggioranza alternativa, sia alla Camera che al Senato, in grado di ritrovarsi per modificare il Porcellum.
«Bocchino dovrebbe sapere che la legge elettorale non può essere programma di governo».
Sicuro?
«Ma certo. Qualsiasi legge elettorale è sempre frutto di un’iniziativa parlamentare perché attiene alle regole del gioco».
Sempre stato così?
«Ma certo. Anche all’inizio degli anni Novanta ci fu qualcuno che tirò fuori l’ipotesi di un governo che modificasse la legge elettorale».
Appunto.
«E allora ci fu il presidente della Repubblica che disse “No, perché è di competenza del Parlamento”».
E oggi Napolitano dovrebbe fare lo stesso?
«Non mi faccia tirare in ballo il capo dello Stato. Ma secondo me, davanti a questa ipotesi bislacca, il Quirinale dovrebbe dire che un governo deve presentare un programma per affrontare i problemi del lavoro, dell’economia, delle infrastrutture, della salute, della scuola, eccetera. Non per cambiare il sistema elettorale. Ma c’è di più».
Ossia?
«Non c’è mai stata una legge elettorale proposta, votata dalla
sola maggioranza e bocciata dall’opposizione».
Mai?
«Ma certo. Le regole del gioco hanno sempre bisogno di una condivisione ampia. Anche il Porcellum, che secondo me non è affatto un Porcellum, è stato frutto di una trattativa complessiva tra le forze in Parlamento»
Insomma, l’idea di Bocchino è castroneria?
«È una bufala tremenda. Anche perché, e qui ci sarebbe un altro vulnus pazzesco, questo fantomatico governo, sarebbe appoggiato da una maggioranza risicatissima ma soprattutto sconfitta dalle urne».
Un vero e proprio ribaltone?
«Ma certo. Con la regia dei finiani, poi. Assurdo».
Perché assurdo?
«Perché una delle regole auree della destra è sempre stata quella che se sei in un partito e poi non la pensi più come prima, vai a casa. Non ne fai un altro. Ma sotto sotto c’è un’altra questione».
Quale?
«Che noi, perché lo hanno voluto gli italiani, abbiamo costruito il parlamentarismo maggioritario».
Parli semplice, eh...
«L’elettore vota un leader, una maggioranza e un programma. In maniera vincolante. Per cui chi vince governa secondo quel programma, con quel leader, con quella maggioranza».
Ma i ribaltoni sono sempre in agguato. Guardi il ’95.
«Perché il parlamentarismo maggioritario era appena nato. Però ha retto: una volta ha vinto il centrosinistra e una volta il centrodestra. Il rischio è che si distrugga questa logica».
Per fare che?
«Per tornare indietro al parlamentarismo compromissorio.
Una restaurazione con la benedizione dei finiani?
«Esatto. Una logica vecchia che gli italiani non vogliono più. Strano che i finiani non lo capiscano».
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