La Biblioteca dell'inedito di Franceschini fa il pieno di sfottò in Rete

L'idea viene bersagliata da intellettuali e gente comune. Secondo i critici è vecchia e inutile in un Paese dove si pubblica troppo

La Biblioteca dell'inedito di Franceschini fa il pieno di sfottò in Rete

La Rete è impietosa. Il minimo passo falso e si finisce in una gogna mediatica dagli effetti sorprendenti e dolorosi.

Ne sa qualcosa il ministro della Cultura Dario Franceschini che giovedì sera ha lanciato su Twitter la sua ultima proposta: «Faremo la Biblioteca Nazionale dell'Inedito. Un luogo dove raccogliere e conservare per sempre romanzi e racconti di italiani mai pubblicati». Un'idea, questa, che non ha raccolto molti consensi. Le critiche, invece, sono piovute abbondanti. Dai lettori comuni agli scrittori, per finire con gli «addetti ai lavori», in tanti hanno stigmatizzato la proposta. Il senso generale delle critiche è che di quest'idea proprio non si sentiva il bisogno. La schiera dei più tiepidi la liquida come non originale e soprattutto vecchia, visto che di luoghi dove spedire i proprio lavori inediti ce ne sono già molti. A iniziare dal celebre Archivio di Pieve Santo Stefano dove, dal 1984, vengono raccolti «scritti di gente comune - come si legge nello statuto dell'Archivio - in cui si riflette, in varie forme, la vita di tutti e la storia d'Italia». Quindi diari, epistolari, memorie autobiografiche etc. Dieci anni più tardi, nel '95, un'idea simile ha dato corpo a un'iniziativa analoga a quella proposta ieri dal ministro. E, ironia della sorte, proprio nella sua Ferrara, dove un gruppo di insegnanti ha fondato la prima Biblioteca della letteratura inedita. Per consegnare il proprio testo ai sensibili e generosi custodi di questa biblioteca, però, bisogna osservare alcune regole precise: «non inviare opere a carico del destinatario; non celarsi dietro l'anonimato ma mettere in bella mostra nome e cognome sul frontespizio; essere in grado di documentare tre rifiuti di case editrici in fotocopia». Per finire, esiste poi l'ormai affollatissima vetrina del Project Gutemberg , un portale internazionale dove possono essere spediti i propri «inediti» in forma di ebook , per una biblioteca digitale ad accesso gratuito. Al momento ci sono quasi 50mila titoli tra cui scegliere. Le critiche più feroci, però, non riguardano la mancanza di originalità della proposta. E il sarcasmo usato per stigmatizzare la trovata del ministro ricorda quanto già accaduto all'inizio dell'anno quando venne annunciata proprio da Franceschini la prossima pavimentazione dell'anfiteatro Flavio. Il Colosseo, sosteneva il ministro, deve tornare a vivere e a fare da scenario a spettacoli (e proprio ieri ha annunciato che i lavori dureranno 5 anni per un costo complessivo di 20 milioni di euro).

Chissà cosa ha spinto il ministro/scrittore (ha all'attivo ben quattro romanzi, tutti pubblicati da Bompiani) a lanciare l'idea della Biblioteca dell'inedito. Forse la constatazione che l'italiano è un grafomane incallito e conserva almeno un inedito nel cassetto. Sempre pronto a parlar male di un sistema (quello editoriale) che non comprende e valorizza il suo genio. Risposte non ce ne sono. Semmai critiche e tutt'altro che velate. A iniziare dallo scrittore Christian Raimo che dal blog Minima&Moralia parte alla carica senza eufemismi: «Non si sa bene da dove partire per criticare la scempiaggine di una dichiarazione del genere». «Questo modo di affrontare le politiche del libro - spiega Raimo - denuncia un'idea tutta pubblicitaria della letteratura e della cultura in generale». «In un mercato editoriale come quello italiano in cui si pubblicano 64mila libri l'anno, 175 al giorno - gli fa eco Francesco Giubilei dalla rivista web Gli stati generali -, si sentiva davvero l'esigenza di dare spazio e istituzionalizzare le centinaia di migliaia di manoscritti inediti chiusi nei cassetti degli italiani?». I semplici utenti della Rete sono meno austeri nei commenti e offrono l'inventiva e l'ironia di chi qualche libro, comunque, lo ha letto. Si va dal «Grande idea! Aggiungerei una sezione dedicata alle scritte sulle porte dei cessi», al «butto là un'altra idea: una cineteca nazionale che raccolga i filmini delle vacanze degli italiani», per arrivare a più sarcastici tweet del tipo: «Per l'invenduto andiamo in libreria», «ma basterebbe anche una Biblioteca Nazionale dell'edito, purché funzionale». L'unica voce a favore della proposta è quella di Romano Montroni, una vita spesa per diffondere i libri e migliorare la qualità produttiva dell'editoria e ora a capo del Centro per il libro e la lettura (alle dipendenze, guarda caso, del Mibac).

«L'idea, che mi sembra molto positiva - spiega in un'intervista rilasciata a caldo proprio ieri a Il Libraio -, non è affatto quella di pubblicare i milioni di manoscritti rifiutati dagli editori, ma di far emergere parti della memoria del nostro Paese, testimonianze di vita vissuta. Se però non arriveranno finanziamenti adeguati, sarà impossibile portare avanti questa proposta».

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