Fausto Biloslavo
Innalzando croci, icone e sventolando le bandiere bianche e rosse della Bielorussia nazionalista, proibite dal regime, migliaia di manifestanti hanno sfidato i reparti antisommossa nel centro di Minsk. La polizia di Alexander Lukashenko, il presidente con tendenze dittatoriali, ha caricato duramente gli oppositori. Decine i feriti e centinaia gli arrestati, compreso uno dei leader dellopposizione. Sei giorni dopo le elezioni, a quanto pare zeppe di brogli, che hanno incoronato Lukashenko presidente per la terza volta, in Bielorussia la tensione sta pericolosamente salendo.
Ieri si celebrava la giornata della breve parentesi dindipendenza dalla Russia, nel 1918, e gli oppositori del regime si erano dati appuntamento nella Piazza dOttobre, dove 24 ore prima le unità speciali della polizia avevano spazzato via un presidio di protesta contro il voto della scorsa domenica. La piazza era sigillata da transenne e poliziotti in assetto anti-sommossa. Vista la malaparata il corteo si è riunito nel parco dove campeggia la statua dedicata a Yanka Kapula, poeta ed eroe nazionalista bielorusso vissuto tra lOttocento e il Novecento, che si battè contro lo strapotere di Mosca. Grazie a una catena di sms, almeno duemila persone si sono riunite attorno al principale leader dellopposizione, Alexander Milinkevic, che ha arringato la folla con parole di sfida.
«Presto saremo liberi», ha tuonato lintellettuale prestato alla politica. «Abbiamo lanciato il primo assalto alla fortezza del regime. La legge - ha detto il leader dellopposizione - e Dio sono con noi. Non aspetteremo altri cinque anni per lanciare un nuovo assalto, ma lo faremo presto». Milinkevic ha annunciato in piazza la fondazione del Movimento popolare per la liberazione della Bielorussia. «Sempre più gente nel nostro Paese ha smesso di avere paura. Limportante ha gridato - è battersi per nuove e oneste elezioni, senza questo dittatore».
Il dispiegamento delle forze dellordine era imponente, ma lo stesso si è formato un eterogeneo corteo con studenti che srotolavano striscioni inneggianti alla libertà, altri giovani sventolavano le bandiere proibite bianche e rosse. Molte le croci e le icone della Madonna, mentre non mancavano signore di mezza età che affrontavano coraggiosamente i poliziotti urlando «Lunga vita alla Bielorussia» e «Vergogna». I manifestanti hanno cercato più volte di forzare i cordoni di polizia. In altri casi hanno dato fiori agli agenti, ma non hanno mai indietreggiato.
La situazione è degenerata quando un drappello di centinaia di oppositori ha marciato decisamente verso un centro di detenzione, dove erano stati portati gli arrestati del blitz della notte precedente. Volevano chiederne la liberazione. A questo punto la polizia ha reagito duramente lanciando granate assordanti, candelotti lacrimogeni e caricando la folla. Secondo testimoni oculari, sono stati decine i feriti rimasti a terra davanti al teatro dellOpera e centinaia i manifestanti portati via dai reparti speciali.
La polizia segreta ha arrestato anche Alexander Kozulin, un altro leader dellopposizione, che aveva guidato la marcia verso il centro di detenzione. Sul primo momento sembrava che pure Milinkevic fosse stato arrestato, ma poi il suo portavoce ha garantito che si trovava al sicuro. Per tentare di calmare le acque, ha dichiarato: «Non stiamo pianificando alcuna violenza, nessuna presa della Bastiglia».
La tensione è però alle stelle tenendo conto che già 274 oppositori sarebbero stati processati per direttissima dopo gli arresti della notte precedente.
Ieri è intervenuto in prima persona il presidente americano George W. Bush bollando Lukashenko come «lultimo dittatore in Europa». Bush ha rivolto un appello «a tutti gli Stati membri della comunità internazionale perché si uniscano a noi nel condannare ogni abuso e nel chiedere alle autorità bielorusse il rispetto dei diritti dei propri cittadini a esprimersi pacificamente».
Il ministero degli Esteri bielorusso ha diramato un comunicato in cui condanna la decisione dellUnione europea e degli Stati Uniti di varare sanzioni contro il regime di Minsk minacciando di assumere analoghe misure di ritorsione.
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