Marcello Foa
Sono gli eroi della gelida primavera di Minsk: trecento oppositori accampati nella piazza dOttobre. Sfidano quella che il governo americano definisce «lultima dittatura dEuropa». Vogliono rimanere lì fino a quando il presidente Lukashenko non avrà ammesso di aver vinto le elezioni con i brogli. Chiedono un nuovo scrutinio. Sono convinti che il popolo è con loro e che la Bielorussia si ribellerà pacificamente, come lUcraina. Si illudono, purtroppo, perché lOccidente non è stato messo nelle condizioni di aiutarli e anche perché, in questo momento, non è nellinteresse di Europa e Usa avviare un braccio di ferro con il «piccolo Stalin di Minsk», che è coccolato e protetto dalla Russia. Attaccare lui significa provocare Putin.
Proprio per questo è ammirevole, quasi commovente, la straordinaria tenacia di quei trecento. La loro è una battaglia di principio condotta con il cuore più che con la mente. Uno slancio spontaneo per la democrazia e per questo molto rischioso. Nella tenda principale cè Aleksandr Milinkevic, un fisico di 58 anni che guida lopposizione a Lukashenko. È stato lui, al termine del comizio di lunedì sera a cui hanno partecipato 4mila persone, ad approvare lidea di un presidio permanente. Nonostante il gelo e una nevicata incessante; nonostante le minacce di una repressione durissima. «Resto qui. Non parto. La protesta di piazza è lunico linguaggio che i dittatori capiscono». La parola dordine è: «Ripetere lo scenario del Maidan», la grande piazza nel cuore di Kiev, dove nel dicembre del 2004 i sostenitori di Yuschenko condussero la loro battaglia.
Questa è la «rivoluzione dei jeans»: sono quasi tutti giovani gli irriducibili al fianco di Milinkevic. Hanno montato una quindicina di tende canadesi, hanno portato sacchi a pelo, coperte, thermos con le bevande calde, pane e frutta. Su uno striscione hanno scritto: «Dolce parola è la libertà». Sono persuasi che il popolo li sostenga. «Aspettiamo molta gente, stanno arrivando anche dalla provincia», ripetono.
Che i bielorussi siano con loro è verosimile, ma è improbabile che il regime li lasci avvicinare alla piazza dOttobre. Infatti in serata, solo 2.500 persone hanno partecipato a una nuova manifestazione. Due preti della Chiesa ortodossa clandestina hanno benedetto il presidio, pregando Dio che la polizia non usi la mano pesante. Il timore è fondato, ma per ora Lukashenko sembra puntare sullesaurimento spontaneo della protesta. Sa che unazione di forza davanti alle tv di tutto il mondo sarebbe controproducente per lui. Meglio arginare, con i metodi del Kgb.
Ieri i due figli del capo dellopposizione sono stati fermati dagli agenti mentre portavano scorte di cibo ai manifestanti; dopo un paio dore sono stati rilasciati. Non altrettanto fortunati sono stati venti oppositori, tra cui quattro leader politici: Alexander Dobrovolski, Anatoly Lebedko, Aleksey Yanukevic e Valentina Pavelikova. I primi due sono stati fatti salire su un autobus da agenti di polizia mentre tornavano in piazza dopo una pausa per riscaldarsi. È la tattica adottata dai poliziotti: fermano i militari uno a uno nelle vie laterali, senza dare nellocchio; poi li portano nei tribunali di quartiere dove vengono condannati a dieci giorni di reclusione per partecipazione a una manifestazione non autorizzata. In tutto ne sono stati arrestati 108 da domenica sera.
Lukashenko tace e incassa il sostegno del presidente iraniano Ahmadinejad, uno dei pochi leader stranieri a congratularsi con lui per la rielezione. LEuropa, invece, continua a protestare.
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