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Bilancio Ue, fumata nera sull’accordo Fini: «Inaccettabili le proposte di Junker»

I fondi per l’Italia diminuirebbero da 23 a 17 miliardi. La discussione sul budget 2007-2013 potrebbe slittare al prossimo semestre

Alessandro M. Caprettini

da Roma

Accordo alle viste? Fuori di discussione. Anzi, stando a Gianfranco Fini, a questo punto non si può nemmeno escludere che a giugno la presidenza lussemburghese della Ue debba rinunciare a porre sul tavolo il «nodo» delle prospettive finanziarie 2007-2013, cioè il bugdet dell’Unione a 25. Perché troppe sono ancora le divergenze, troppo evidente l’insoddisfazione di numerosi Paesi, numerosissime le riserve e tanti anche i possibili veti sulla bozza messa a punto da Jean Claude Junker che anche ieri a Bruxelles - al termine del consiglio affari generali e relazioni esterne - ha trovato un brusco stop nei colloqui tra i ministri degli esteri comunitari.
Junker in realtà non si arrende, forse perché teme che Londra - cui passerà la guida Ue del prossimo semestre - potrebbe a sua volta frenare visto che in ballo tra l’altro c’è l’azzeramento del cosiddetto «sconto inglese» concesso alla Thatcher a metà degli anni Ottanta per convincere i britannici a far parte dell’Unione. Il rischio dell’esercizio provvisorio, insomma, esiste e non è da sottovalutare. Ed è forse per questo che il premier lussemburghese ha fatto sapere - come sempre Fini ha comunicato - di esser pronto a nuovi faccia a faccia coi capi di Stato e di governo sulla spinosa questione, tanto che l’appuntamento con Berlusconi dovrebbe aver luogo il prossimo 9 giugno. Difficile però che possa ottenere il sì di Roma. «Le sue proposte - è tornato a ripetere ieri il nostro ministro degli Esteri - sono inaccettabili». E il perché è presto detto: coi tagli messi a punto, rispetto ai 23 miliardi di euro l’anno che l’Italia riceve attualmente (fino al 2006), si passerebbe a 15-17. Troppo poco per chi, come ha ancora osservato Fini, «cerca di fare ogni sforzo per rispettare i parametri di Maastricht». Ancora ancora, ha aggiunto il titolare della Farnesina, si sarebbe potuto quantomeno discutere sui 19-20 miliardi di euro l’anno che erano contenuti nella prima proposta lussemburghese. Ma la seconda, con la quale si va più incontro alla volontà di risparmio di inglesi, francesi e tedeschi, si finisce solo per penalizzare il Mezzogiorno d’Italia. Il che, appunto, è inaccettabile. A maggior ragione poi, se si pensa che a Londra vogliono la conferma del loro minor esborso (contestato da Parigi e Bonn), mentre Chirac pretende non si tocchino i robusti compensi all’agricoltura francese e Schröder non intende far sconti alle richieste per le ex-regioni della Ddr che devono esser foraggiate al pari dei Paesi ex-comunisti. Insomma, a rimetterci sarebbe solo il Sud della penisola. «E questo - è tornato a spiegare Fini - porta a far sì che sia improbabile arrivare ad un tentativo di accordo. Cosicché, a meno che non vi sia uno scatto di reni di Junker, non si discuterà della questione al consiglio europeo di giugno, senza a quel punto che vi sia la necessità di porre un veto».
Tra i fattori della crescente difficoltà, Fini elenca anche la novità tedesca: il fatto che Berlino abbia deciso di giocare l’anticipo elettorale non rende più facile trovare un punto d’intesa. Paradossalmente invece, un «no» francese alla Costituzione - domenica prossima - potrebbe invece essere utile: «Una battuta d’arresto di quel tipo, seguita magari da un altro no in Olanda - ha messo in rilievo - rischia di far divenire troppo evidente la debolezza europea. Così da far ritenere a tanti che la risposta a quel rifiuto sia di trovare al più presto un accordo sulle prospettive finanziarie.

Ma su altre basi».

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