Bimba «avvelenata», Acquabomber è innocente

Dubbi degli inquirenti sulla ricostruzione fatta dai familiari della bimba intossicata due volte in 5 giorni

Bimba «avvelenata», Acquabomber è innocente

Stefano Filippi

nostro inviato a Padova

Giallo, come il liquido che si trovava in fondo alla vaschetta di formaggio spalmabile, come il colore della brutta storia di Vigonza, dove una bimba di due anni è finita all'ospedale due volte in cinque giorni per aver vomitato cibo alla varechina. Pochi avevano creduto all'incredibile fatalità di una duplice intossicazione avvenuta in case diverse (la propria e quella dei nonni), con cibi diversi (succo d'arancia e formaggio) acquistati da persone diverse (la mamma e la zia) in rivendite diverse. Ma ogni giorno che passa aggiunge dubbi alla ricostruzione fornita dai familiari.
Mercoledì un succo di frutta, domenica un boccone di pane spalmato: Shaden mangia, beve, vomita, viene portata al pronto soccorso e curata. Ora sta bene; tuttavia non ha ulcere né arrossamenti, non ha nemmeno avuto bisogno della gastroscopia o di una lavanda gastrica. Eppure è ancora ricoverata nel dipartimento di pediatria del policlinico di Padova. Motivi precauzionali, dicono i medici. Certo: vogliono tenerla lontana dalle case degli avvelenamenti.
I risultati delle analisi sul formaggio verranno rese note oggi dall'Arpav veneto. E saranno sorprendenti, perché di candeggina non ci sarebbe traccia. La vaschetta infatti conteneva sì una sostanza acida, che non sarebbe però ipoclorito di sodio. Prende dunque ancora più corpo il sospetto che la duplice intossicazione alimentare possa essere una simulazione per motivi ancora sconosciuti. Le incongruenze sono ormai parecchie. Sia la confezione di aranciata sia il biberon da cui Shaden ha succhiato contenevano ipoclorito di sodio, gli esami di laboratorio lo hanno confermato. Invece la bimba non ha mai ingerito candeggina né altre sostanze chimiche: la bocca e lo stomaco, per fortuna, non presentano le ustioni che i detergenti avrebbero provocato. Soltanto un arrossamento forse causato dalla mamma che le ha ficcato due dita in gola per indurla a vomitare.
E poi c'è il mistero della camicetta. La madre ha dichiarato che domenica la piccola le ha vomitato addosso, ma le analisi hanno dimostrato che non è vero. Il vestito della donna era macchiato di formaggio e varechina pura senza nessuna traccia di saliva. Si potrebbe pensare che la camicia sia stata imbrattata ad arte. I nonni Pino e Anna avevano in parte confermato la versione della figlia: la nipotina era a casa loro. Ma se la piccina non ha inghiottito varechina, perché indurla a vomitare? Perché portarla due volte in ospedale? E perché la camicia è sporca di varechina mentre la vaschetta di formaggio conteneva un altro liquido?
A queste domande il pubblico ministero Emma Ferrero potrà cominciare a rispondere quando avrà sul tavolo il fascicolo con i risultati degli esami sul formaggio in scatola. Il magistrato fa parte del pool della procura di Padova che si occupa di reati ambientali e alimentari e ha sostituito il collega Paolo Luca, che era di turno domenica quando Shaden è stata ricoverata la seconda volta: è stato lui ad ascoltare per quattro ore i familiari della bimba nella caserma dei carabinieri a Pionca di Vigonza. I nonni, gli zii, i genitori: la mamma Federica Giora e Mosè H., il padre separato, un israeliano da anni in Italia che lavora come traduttore e interprete.
Nessuno di loro è più stato sentito da lunedì. Gli inquirenti vogliono certezze dai laboratori di analisi. Poi decideranno se prendere eventuali provvedimenti. Magistrati e militari dell'Arma si mantengono molto prudenti. Ma se lunedì avevano detto che «le indagini sono a 360 gradi», ora gli indizi acquisiti hanno indotto il procuratore capo Pietro Calogero a escludere l'ipotesi dell'avvelenatore solitario che semina panico nei supermercati. «Al momento non vi sono elementi che facciano pensare a un'azione criminale indiscriminatamente rivolta contro la salute dei cittadini», ha detto il giudice padovano.


Nei due supermercati di Buca di Vigonza dove erano stati acquistati gli alimenti avvelenati non sono stati compiuti sequestri. Per una pista che si è chiusa, un'altra ha preso consistenza. E porta nelle villette adiacenti di Peraga di Vigonza dove vivono le due famiglie.

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