Bimbe avvelenate col gas: non devono studiare

Karzai accusa i talebani: nelle regioni sotto il loro controllo, le scuole femminili vengono chiuse, gli insegnanti minacciati e le allieve sfigurate con l’acido. Tre episodi in una settimana nel nord del Paese

Bimbe avvelenate col gas: non devono studiare

Gas velenoso nelle aule scolastiche delle scuole femminili per impedire alle bambine afghane di studiare e rimandarle «al loro posto»: chiuse in casa, prive di istruzione e ridotte al ruolo di serve e fattrici per i loro mariti-padroni. È l’ultima ignobile trovata dei talebani (che pure smentiscono la loro responsabilità, senza però trovare chi dia loro credito) sulla via dell’oscurantismo.

Avviene nella provincia settentrionale di Kunduz, fino a poco tempo fa considerata erroneamente pacificata. In questa zona, controllata militarmente dal contingente tedesco della coalizione internazionale, gli integralisti islamici sono progressivamente tornati a far sentire la propria nefasta influenza: da una parte con le armi, uccidendo tra l’altro diversi soldati inviati da Berlino e provocando una reazione di crescente disagio nell’opinione pubblica tedesca, dall’altra con azioni intimidatorie nei confronti della popolazione locale. E questa contro le scolare è allo stesso tempo l’ultima della serie e la più odiosa.

Nel giro di una settimana sono stati tre gli episodi di questo genere a Kunduz. Complessivamente sono 80 le ragazzine intossicate: ieri 13, il giorno prima 47 e alla fine della settimana precedente altre venti. Attacchi subdoli come il mezzo utilizzato per compierli. «Ero in classe quando ho cominciato sentire uno strano odore, come di fiori - ha raccontato Sumaila, 12 anni -. Ho visto che le mie compagne di classe e l’insegnante si accasciavano. Mi sono sentita male anche io e quando ho riaperto gli occhi ero in ospedale». Azizullah Safar, responsabile del principale ospedale di Kunduz, ha riferito che la maggior parte delle ragazze ricoverate riportavano dolori, vertigini e nausea.

«Sono molto spaventata - dice Sumaila -. I miei genitori si sono preoccupati molto. Mio padre dice che ho già imparato un sacco di cose. Non so se mi lasceranno ancora andare a scuola dopo quello che è successo. Io spero di sì». Sono molte, purtroppo, le bambine che non si sono ripresentate a scuola dopo gli attentati dei giorni scorsi e ciò è esattamente quello che i talebani vogliono.

Anche in passato gli integralisti islamici avevano fatto ricorso a gas velenosi per intimidire le studentesse afghane e le loro famiglie. Nel maggio 2009, ad esempio, erano finite all’ospedale 90 ragazze della provincia di Kapisa. I tempi, però, stanno cambiando. Un anno fa i talebani non si facevano problemi a rivendicare azioni che erano coerenti coi propri metodi violenti e con le leggi che imponevano ai tempi in cui comandavano in Afghanistan, quando alle donne era vietato studiare; ora invece sono alla ricerca di una legittimazione politica e quindi negano addirittura «con forza» di essere stati loro ad avvelenare le ragazze di Kunduz.

Ma le autorità nazionali puntano il dito proprio contro di loro, chiamandoli per ciò che hanno fatto «nemici dell’Afghanistan e della sua possibilità di prosperare». Nel sud e nell’est del Paese, dove i talebani controllano città e villaggi, le scuole femminili vengono chiuse, gli insegnanti subiscono minacce e ci sono stati casi di bambine sfigurate con l’acido.

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