Bimbo ucciso a botte perché piangeva Arrestata la mamma

Genova«Un orrore». Ci ha messo pochi istanti a dirlo il medico legale. Ci hanno messo pochi giorni a dirlo i poliziotti. Ma i diversi tempi non cambiano quell’«orrore». E l’orrore è il corpicino di Gabriel, un bimbo di 17 mesi, disteso su un tavolo di obitorio, pieno di lividi, di segni di botte, di calci. Delle botte e dei calci che l’hanno ucciso e che secondo gli inquirenti sono stati dati dalla mamma e dal suo compagno. Prima, giovedì, l’allarme disperato e l’inutile tentativo dei medici di salvare Gabriel. Poi, venerdì, l’avviso di garanzia a mamma Elizabete Petersone, ventenne lettone, e al suo compagno Paolo Arrigo, 24 anni di Imperia, per omicidio colposo. Poi, sabato, la nuova accusa, per omicidio preterintenzionale. Infine, ieri, l’arresto dei due, dopo le ultime certezze dell’autopsia.
Hanno fatto tutto con la massima prudenza, i poliziotti imperiesi. Prima hanno pensato a una disgrazia, poi a una grave disattenzione della coppia, poi alla possibilità che effettivamente lo abbiano picchiato a morte pur senza rendersi conto appieno di quel che stavano facendo, del punto cui sarebbero arrivati. Ma ogni cosa sembrava confermare sempre più l’orrore. Fino a quando i medici hanno ribadito: Gabriel è morto perché gli sono stati spappolati fegato, milza e rene con forti colpi. E tutto è accaduto giovedì sera, poco prima che la mamma del piccolo chiamasse il 118 per dare l’allarme: «Correte, mio figlio ha difficoltà a respirare». Al telefono non si sentiva neppure più il bimbo piangere. Anche i vicini di casa avevano smesso di sentire i suoi lamenti, che si erano andati via via smorzando.
La ricostruzione di polizia e pubblico ministero diventa improvvisamente semplice quanto tragica. Quando il bambino aveva cominciato a piangere, mamma Elizabete e il suo compagno hanno provato a farlo tacere. Non con il ciuccio o con la ninna nanna, ma usando le maniere forti. Sempre più forti. Anche quando Gabriel, un anno e mezzo neppure compiuto, piangeva ormai solo perché terrorizzato dalla reazione assurda di chi aveva sempre visto come le uniche certezze della sua breve vita.
La madre e il suo compagno, davanti ai poliziotti ora preferiscono restare in silenzio, non dire nulla. Non negano e non ammettono. Ma per loro parlano anche episodi avvenuti in un recente passato, che non li aiutano nella difesa d’ufficio. Prima di quel pestaggio terribile, Gabriel era già finito in ospedale. Con un braccino rotto. Ai medici era stato detto che era caduto dal letto lasciando la mano dentro le spondine.
Una dinamica accolta con più di un dubbio, e che ora potrebbe essere rivista per confermare come la coppia di Imperia abbia più volte esagerato reagendo con violenza ai pianti o ai capricci del bimbo.

Come quella ragazza venuta dall’Est e il suo compagno che nella vita di tutti i giorni vende vernici nel suo negozio di Imperia, siano finiti in carcere perché contro di loro tutto sembra dire che sono i responsabili dell’orrore.

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