da Roma
La fiducia negata al governo da parte della senatrice Paola Binetti continua a infiammare gli animi nella maggioranza ma soprattutto dentro il Partito democratico. Il suo voto di coscienza dovuto al rifiuto della norma antiomofobia inserita nel pacchetto sicurezza non è stato ancora digerito da molti dei suoi alleati, che hanno chiesto a gran voce le dimissioni e addirittura l«espulsione» della Binetti dal Pd. Sono soprattutto i prodiani ad alzare la voce contro la rappresentante dellala cattolica più intransigente dellUnione. A essere maligni si potrebbe pure leggere dietro questa richiesta di dimissioni unazione offensiva indiretta per mettere in difficoltà il leader del Pd, Walter Veltroni che serenamente e pacatamente deve trovare la quadratura del cerchio tra i teodem e i laici senza urtare la sensibilità delle gerarchie vaticane.
Dopo che il presidente del Senato, Franco Marini, dal suo autorevole scranno aveva dichiarato di giudicare «ridicola» la richiesta di espulsione per la Binetti, ieri Andrea Papini e Franco Monaco hanno rinnovato le loro rivendicazioni nei confronti della Binetti. «Chi non vota la fiducia al proprio governo si mette fuori da sé dalla maggioranza e dal gruppo parlamentare», dice Monaco che osserva pure come «lobiezione di coscienza non dovrebbe mai essere gratis né consumata in allegria». Monaco dunque considera inevitabile luscita della Binetti dal partito. Papini tra lironico e lindignato sostiene di ritenere «impossibile» che, trascurando il suo ruolo super partes, il presidente Marini possa essere sceso in campo in difesa della Binetti. Critiche che non piacciono per niente ai senatori del Pd-LUlivo Franco Bruno, Bartolo Fazio, Claudio Molinari e Paolo Rossi che, invece di chiedere silenzio come fa Papini, auspicano invece «che il presidente Marini non faccia mai mancare i suoi preziosi consigli a tutto il Partito democratico».
Chi attacca la Binetti poi sa bene che non deve commettere lerrore di considerarla unisolata dentro il Pd.
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