La Birmania rischia la carestia

I soccorritori nei centri più vicini all’epicentro del terremoto: terribile devastazione. A Yingxiu su diecimila abitanti i morti sono ottomila

da Rangoon

Nuovi fantasmi si agitano sulla Birmania in ginocchio per il ciclone Nargis del 3 maggio scorso. Mentre il bilancio ufficiale delle vittime non fa che gonfiarsi (ieri sfiorava ormai i 39mila morti e i 28mila dispersi, ma l’Onu stima un totale di 60-100mila, cui va aggiunto un milione e mezzo di senzatetto) si teme l’arrivo di una carestia e non viene neppure esclusa l’ipotesi drammatica dell’arrivo di un secondo ciclone entro le prossime 24 ore.
Louis Michel, commissario europeo agli aiuti alimentari giunto ieri a Rangoon, ha invitato le autorità birmane a permettere finalmente l’ingresso ai soccorritori internazionali per scongiurare «il rischio di una carestia», dovuta alla distruzione della maggior parte delle coltivazioni di riso nel delta del fiume Irrawaddy. La giunta militare al potere, paranoicamente timorosa di un attacco contro le sue posizioni, mantiene infatti sigillate le frontiere e impedisce l’accesso alle squadre di soccorso straniere nelle aree più disastrate. Inutile in tal senso è stato il viaggio a Rangoon del premier thailandese Samak Sundaravaj, che ieri ha tentato di convincere il suo collega birmano Thein Sein a lasciar affluire gli aiuti internazionali.


Le piogge battono incessanti il sud del Paese, e il centro militare di allerta americano sui tifoni ha avvertito che ci sono alte probabilità che «un ciclone tropicale di rilievo» si formi entro le prossime 24 ore e raggiunga la regione alla foce dell’Irrawaddy.

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