Birre, auto e giochi ultimi bersagli nel mirino del Garante

Enza Cusmai

da Milano

Non solo mostra. Ogni neonata pubblicità è una sorvegliata speciale. Che può cadere sotto la scure del Giurì se concorrenziale, volgare, violenta, diseducativa, offensiva, non veritiera. Insomma se è contraria al codice di autodisciplina pubblicitario. L’ultima decisione, ancora fresca di stampa, riguarda uno spot confezionato per la Renault. La trama: un’automobile oltrepassa un dissuasore del traffico con una grande sgommata, di tale potenza che il dosso quasi si scioglie in corrispondenza delle ruote. Il segnale di un motore scattante, sostengono i pubblicitari, un’ironia gratuita secondo il Giurì, visti i morti che quotidianamente si contano sulle strade a causa degli eccessi di velocità. Per restare in tema di messaggi diseducativi, ecco la censura del recente telecomunicato «Drive Beer» in cui Giancarlo Fisichella esalta le caratteristiche della «birra in regola con il codice della strada» senza però spiegarne chiaramente i limiti del consumo. E l’indicazione che scorre sotto lo spot, «ricordati di bere con moderazione»? Inutile, dice il Giurì, perché illeggibile. Ancora automobili. Questa volta è la promozione della Golf ad essere contestata: In un manifesto un arzillo vecchietto si diverte a rigare la carrozzeria di un’auto e sospira: «Che bello avere 18 anni». Cassata. L’effetto imitativo potrebbe essere dirompente. Restiamo sui giovani, anzi sui giovanissimi. Il Giurì ha eliminato un messaggio davvero disgustoso, nel senso letterale del termine. Era un gioco in stile horror: il bambino doveva mangiare gli organi del mostro sotto forma di caramelle. Ma quello che colpiva dello spot era il linguaggio, definito triviale dal Giurì. «Masticagli il cervello, succhiagli il sangue» suggeriva la pubblicità. E il bambino doveva eseguire gli ordini… Di sangue grondava anche l’affissione che pubblicizzava il film «Two sisters» che ritraeva due ragazzine con lo sguardo vacuo, vestite con abiti bianchi completamente intrisi di sangue, che colava in rivoli anche lungo le ginocchia scoperte. Raccapricciante. Restiamo sul violento e sul diseducativo. Le vittime questa volta sono gli animali. La pubblicità è di uno scooter che corre sull’asfalto e salta sopra un ostacolo: un gatto spiaccicato per terra. Senza commenti. Passiamo al cattivo gusto: ve lo ricordate il filmato di Dolce e Gabbana? Un ragazzo e una ragazza si incontrano: un pasto consumato a casa, il dono da parte di lui di un orologio «D&G Time», l'inizio di uno scambio di affettuosità. A un tratto irrompe la rappresentazione sonora di flatulenze emesse dai due protagonisti. Per il Giurì il messaggio va oltre il cattivo gusto e getta discredito sulla pubblicità come istituzione. Un cartellone ad Ancona, luglio 2006. «Tocca con mano i saldi Challenge» c’era scritto sotto la seguente gigantografia: la mano di un uomo appoggiata sui glutei di una donna ricoperti da un costume da bagno. «Intollerabile offesa alla dignità della persona umana» dice il Giurì che censura l’uso strumentale del corpo femminile. E non solo in quel cartellone. Ha suscitato molto sdegno il messaggio fin troppo allusivo delle patatine lanciato dall’attore di film porno, Rocco Siffredi. Sono piovute critiche da parte, ma il Giurì non ha bocciato la pubblicità, apparentemente non volgare, ha però chiuso la bocca all’attore che nello spot si è praticamente ammutolito.

Cancellato invece, lo spot di Versace in cui una donna in abito da sera, è sdraiata su un piano metallico con accanto due uomini che le toccano diverse parti del corpo. Se non fosse offensivo sarebbe noioso. Ma i pubblicitari riusciranno ad inventare qualcosa di più originale?

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