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Bisogna lasciare che Atene fallisca

I titoli greci sono stati degradati a spazzatura, mentre quelli del Portogallo passano da A+ ad A-. Il debito portoghese è solo il 77% del Pil, il livello della Francia. Però questo Stato è poco solvibile perché ha un elevato debito di famiglie e imprese, che portano il debito totale al 240% del Pil. E ha anche un buco nella bilancia con l’estero. Molto del suo debito è nei portafogli di banche straniere e queste temono che il governo di Lisbona non sia in grado di rimborsare i prestiti che verranno a scadenza. La Germania com’è noto, subordina il suo aiuto ad Atene a condizioni molto dure, che la Grecia, patria di mercanti, ha cercato sin qui di attenuare perdendo tempo. C'è chi dice che se «cade la Grecia», va in crisi l’euro nel suo complesso. E invoca un rapido salvataggio europeo di Atene.
Ma si tratta di una tesi sbagliata, che viene sfruttata abilmente sia dai greci sia dalle banche tedesche e francesi che sono piene di titoli del debito ellenico. Il salvataggio della Grecia, a spese del complesso dei Paesi di Eurolandia, in realtà è un ennesimo soccorso alle grandi banche che in Europa e fuori hanno comperato il debito di Atene. Ma non c’è una ragione per cui la Grecia, posto che non sia in grado di onorare il suo debito, debba uscire dall’euro.
Essa ha firmato un impegno irreversibile a stare nell’euro e non ne può uscire. Non esiste, poi, l’espulsione dall’area dell’euro. E non è scritto, né nel Trattato di Maastricht né in altre leggi di grado costituzionale a esso paragonabili, che uno Stato che è nell’area euro non possa fallire. Quando l’Italia aveva la lira, e il Comune di Napoli era pieno di debiti che non riusciva a pagare, esso avrebbe dovuto fallire. Non esiste una legge che dica che i Comuni che si indebitano non possano fallire. Il governo italiano, però, per ragioni sociali, decise di ripianare quei debiti. Le banche che avevano prestato i soldi a Napoli si fregarono le mani e il Comune, in seguito, ha fatto altri debiti.
La Germania non vuole fare con la Grecia l’errore che noi abbiamo fatto con Napoli e altri Comuni e con i debiti sanitari delle Regioni. Che sono stati regolarmente ripianati dallo Stato, un anno dopo l’altro. Se lo Stato italiano non avesse ripianato tutti questi debiti, ora il governo generale del nostro Paese, comprensivo del governo statale e dei governi regionali e locali, avrebbe un debito pubblico inferiore all’80% del Pil, non un debito che viaggia verso il 115. Infatti, lo Stato avrebbe meno debiti perché non si sarebbe assunto quelli degli altri. Inoltre le Regioni e gli enti locali italiani non avrebbero fatto tutti i debiti che, via via, hanno fatto, perché le banche non avrebbero rischiato di dar loro molto credito, non potendo contare sull’intervento statale.
Ora la Grecia chiede l’aiuto del Fmi, che può aumentare l’intervento. Poi, se passerà gli esami del Fmi, Atene avrà il sostegno europeo. Oppure fallirà. Il Portogallo dovrà sforzarsi di essere credibile, perché è escluso che l’Ue possa chiedere che i Paesi membri lancino un salvagente a Lisbona per 30 miliardi, come per la Grecia. Ciò comporterebbe per la Germania un nuovo prestito di 8,5 miliardi, per la Francia da 6,5 e per l’Italia da 5,5. Inoltre, se il salvataggio greco andasse in porto, sapendolo il giorno prima, le banche internazionali che ora speculano al ribasso, inizierebbero operazioni a termine al rialzo sui derivati, cioè i differenziali di quotazioni dei titoli. E ciò, salvo puntare di più al ribasso sul Portogallo, lasciato solo. Se noi lo aiutassimo, poi sarebbe la volta della Spagna e dell’Italia. Nessuno avrebbe i mezzi per aiutarci. In questo scenario, dobbiamo aiutarci da soli. L’euro non è «un pasto gratis» o con lo sconto, come aveva fatto credere Romano Prodi. La burrasca sta montando e bisogna guidare la nave in modo fermo. Perciò non è tempo di liti nel governo. Sarebbe meglio avere, come in Francia, una Repubblica presidenziale o, come in Germania, un premier con grandi poteri. Ma abbiamo un sistema parlamentare per sua natura scarsamente compatibile con l’euro. Lombardo dovrà scordarsi il partito del Sud e Fini guardarsi dal favorirlo. Anche Calderoli deve essere cauto con le modifiche tributarie per quanto bene intenzionate.

E Carlo De Benedetti dovrà rinunciare a proporre una patrimoniale, che potrebbe cadere anche sul debito pubblico e alla riduzione choc delle imposte sul lavoro. Sono possibili solo limature. Non c’è trippa per i gatti. Questo è l’avviso per tutti.

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