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Blardone e Simoncelli torna a ruggire la valanga azzurra

Un trionfo nato da una scommessa al cancelletto: «Chi arriva secondo paga la cena». All’Italia la doppietta in gigante mancava da 19 anni

(...) lucida come il vetro: ha visto come sciano i nostri su piste preparate come si deve?». Gaetano Coppi ha visto. Abbiamo visto tutti. Max Blardone primo, Davide Simoncelli secondo, la domenica sulla Gran Risa si trasforma in un festival italiano come ai tempi d’oro. In diecimila sono tornati a casa felici, ma due più di tutti. «Dai, fatti più in là che hanno chiamato me sul podio, la cena l’hai vinta, ma se non sbagliavo qua in fondo...». Max si sposta, Davide sale sul palco un minuto prima del compagno, che trova il tempo per raccontare della scommessa fatta fra le due manche, quando la classifica era ancora invertita, primo Davide secondo Max: «Ci siamo giocati una cena, la pretenderò super costosa!». Scherzi, un modo come un altro per allentare la tensione, fortissima, prima del via decisivo: «È stato bello essere assieme lassù, in partenza. Parlavamo italiano, capita raramente, di solito al via si è soli». Ieri Max e Davide non sono mai stati soli. Abbiamo tutti sciato e poi gioito con loro, che in pista hanno rasentato la perfezione, ma che hanno vinto oltre che con i piedi anche con la testa, perché reggere la pressione fra le due manche non è mai facile, specie quando in gioco c’è la vittoria che sogni da una vita.
Vogliamo parlare di numeri, di statistiche, degli anni che sono passati dall’ultima doppietta italiana in un gigante di coppa del mondo, che poi era una tripletta, sempre in Alta Badia, dicembre 1986, primo Pramotton, secondo Tomba, terzo Toetsch? O vogliamo invece raccontare di una giornata memorabile, di un altro ko inflitto ai rivali dagli sciatori italiani su una pista italiana? Ecco il punto cruciale, quello su cui Augusto Prati, responsabile promozioni della Salomon Italia, puntava i piedi parlando con il presidente Coppi: riusciremo a sfruttare la grande occasione di correre l’olimpiade in casa, facendo preparare le piste del Sestriere come piacciono ai nostri atleti vincenti?
Che per la cronaca restano senza sponsor. Ieri Max Blardone ha corso con sul casco il marchio di un’associazione Onlus che aiuta i bambini amputati della Sierra Leone, Rocca con il marchio del suo sito internet. Ma poco conta in una giornata di festa, peggio per gli assenti, viene da dire. Quando si vince, i soldi sono l’ultimo pensiero, ma ricevendo l’assegno di trentunmila euro riservato al vincitore, ieri Max avrà sicuramente pensato ai genitori che hanno fatto mille sacrifici per farlo diventare un campione. Papà Elio, mamma Antonia e Fabiana, la sorella, arrivati da Pallanzeno sabato sera, erano in tribuna con gli amici del fan club. Loro a Max hanno sempre dato fiducia, anche nei momenti più difficili, perché hanno sempre saputo che lui ha la grinta da numero uno: «Da bambino si arrabbiava anche quando vinceva ma dava poco distacco al secondo» ricordano per inquadrare il carattere del figlio, un caratteraccio forse, perché Max a volte non riesce a controllare le sue emozioni e per questo viene frainteso, rendendosi antipatico a chi non lo conosce e non lo capisce. Ma in pista, chi sa di sci non può che ammirarlo. Ieri Blardone, e con lui Simoncelli, hanno lasciato gli avversari a bocca aperta, le loro due prove sono state un capolavoro tecnico e tattico. Max ha vinto perché non ha sbagliato nulla, Davide ha invece commesso due errori fatali nella seconda manche, il primo alla fine del muro, il secondo all’uscita del dosso novità creato prima del traguardo, quello che ha mandato fuori un Miller come sempre funambolico e spettacolare ma forse non abbastanza attento. Ma in ogni caso Bode non avrebbe vinto, Max e Davide in giornata di grazia sulla Gran Risa lucida come il vetro sono imbattibili. La vita va avanti, arriveranno sconfitte, ma quella di ieri è stata una vittoria.

Doppia, esaltante, indimenticabile.

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