Roma

Blitz all’alba: in manette venti narcotrafficanti

Decine d’arresti in tutt’Italia. Eroina e coca erano spartite tra italiani e stranieri

Fiumi di eroina e cocaina fatti arrivare a Roma dall’Albania, dall’Olanda e dal Sudamerica attraverso la Spagna per poi essere distribuiti a bande di «cavalli» pronti a inondare la piazza dei pusher al dettaglio di Roma, Napoli, Terni, Viterbo, Reggio Emilia e Monza. Gruppi suddivisi per nazionalità, in contatto tra loro, spesso imparentati all’interno per rinsaldare il patto di coesione e fedeltà; con una «chicca». Che a ordinare le partite manovrate dalla gang italiana con base tra Tor Bellamonaca e Torre Angela, a Est della Capitale, c’erano i clan della camorra. In particolare, quello della famiglia Cirillo di Scampìa, quartiere tristemente noto alle cronache per morti ammazzati nell’infinita e sanguinosa faida per il controllo del territorio e, soprattutto, dell’affare più redditizio, quello della droga appunto. Nell’operazione «Escalation 2», secondo troncone di una prima indagine avviata nel novembre 2004 dagli agenti della Polfer che avevano scovato spacciatori alla stazione Termini, all’alba di ieri si sono ritrovate in manette 47 persone; per altre 17 l’ordinanza di custodia cautelare firmata dal Gip Rosanna Figliolia su richiesta dei pm Antimafia Frisani e Gregori, è stata recapitata dietro le sbarre. Sessanta le persone indagate. Per tutti i reati contestati vanno dalla detenzione ai fini di spaccio all’associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti. In cella è finito pure Antonio Cirillo, 62 anni, napoletano affiliato all’omonimo clan. Venti gli arresti nella Città Eterna eseguiti dalla sezione antidroga della squadra mobile, otto a Viterbo (dov’erano concentrati i nordafricani specializzati nella vendita di cocaina), gli altri a Terni, Reggio Emilia, Monza e un secondo a Napoli.
Dall’Olanda e dall’Albania arrivava l’eroina. Della rotta balcanica si occupavano soprattutto gli albanesi, dello smercio al minuto i tunisini. Diversa la gestione dell’approvvigionamento della coca. Specialisti nel campo i sudamericani, specialmente uruguaiani con base a Ostia, sul litorale. Erano loro ad avere gli agganci giusti con gli uomini dei cartelli colombiani e argentini per lo spostamento dei carichi. In due anni di indagini (99 utenze intercettate, 313 capi d’imputazione contestati) sono stati sequestrati complessivamente 25 chili di «roba», di cui otto di «neve» purissima. «Ogni volta che il carico era in partenza - spiega Massimo Bruno, dirigente del compartimento di Polizia Ferroviaria del Lazio - gli uruguaiani si raccomandavano a Santa Clara.

I tunisini, invece, avevano un codice tutto loro: con le quantità di cestini di frutta, verdura o trottole indicavano gli etti di droga in arrivo».

Commenti